TAR Umbria, sez. I – Sentenza 25 luglio 2012, n. 303
1. Corrisponde a una petizione di principio, che, nel regime delle aziende speciali, alla vendita del bene azienda debba necessariamente precedere la soppressione del servizio corrispondente. Nel sistema dell’art. 114, d.lgs. n. 267/2000 è necessario distinguere il “bene azienda”, dotato di un’autonoma esistenza sul mercato, dal modulo organizzativo dotato di personalità giuridica in cui si sostanzia l’”azienda speciale” come ente strumentale del comune con la finalità di organizzare il servizio pubblico secondo scelte di tipo imprenditoriale per il conseguimento d’un maggior grado di efficienza, efficacia ed economicità (Consiglio di Stato, sez. V, 15 maggio 2000, n. 2735). Anche se nell’azienda speciale il bene azienda, comprensivo dei locali in cui si svolge l’attività, degli arredi, dell’insegna, dell’avviamento e quanto’altro necessiti per l’esercizio, si identifica nel modulo organizzativo del servizio pubblico, nulla vieta che l’uno possa essere investito da vicende diverse dall’altro, come avviene quando l’uno sia soggetto a cause modificative o estintive (dismissione o cessione del bene azienda) e il servizio tuttavia prosegua con un diverso soggetto in situazione di strumentalità con l’ente locale. Nell’ambito dei vincoli che legano l’azienda speciale al comune, è elemento del sistema amministrativo dell’ente il modulo organizzativo e non l’azienda nella sua materialità, di talché la vendita della titolarità di una Farmacia comunale e della relativa azienda commerciale non determinano di per sé l’estinzione dell’azienda speciale in mancanza di un apposito provvedimento di soppressione. È inoltre, parimenti apodittico che la soppressione dell’azienda speciale e del relativo servizio debba essere formalmente dichiarata e non possa essere desunta per facta concludentia.
2. L’individuazione di nuovi compiti delle farmacie dovuta al d.lgs. n. 153/2009 e la funzione sociale rivestita dal servizio farmaceutico affermata dalla Corte Costituzionale non vale a contrastare il carattere discrezionale della scelta del comune di dismettere la farmacia e l’azienda speciale, anche perché nel sistema normativo vigente non esiste una privativa pubblica per l’esercizio delle farmacie (TAR Puglia, Lecce, sez. II, 21 aprile 2006, n. 1985); l’intentio palesata dal comune di ripianare i propri debiti con la vendita non rappresenta una ragione di illegittimità dell’operazione alla luce degli altri cespiti posseduti dall’ente, considerata la libertà nel determinare quale bene lo stesso debba sacrificare.
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