Sportello unico attività produttive (Suap): competenza statale e principio di leale collaborazione nella sentenza della Corte Costituzionale 15/2010

Domenico Trombino 29 Gennaio 2010
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Al varo della riforma dello Sportello unico attività produttive (Suap), da introdursi attraverso i regolamenti di delegificazione, attuativi dell’art. 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il cui iter è in via di conclusione, dopo il rilevante pronunciamento della Conferenza Stato, regioni e autonomie locali del 26 novembre 2009, non era indifferente l’esito del ricorso notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 20 ottobre 2008, con il quale la (sola) Regione Emilia-Romagna promosse questione di legittimità costituzionale, fra altre, della disposizione di cui al comma 3 di detto articolo. La censura puntava al principio di leale collaborazione.
In sintesi, secondo la ricorrente, detta norma inciderebbe sulle materie certamente di competenza regionale, ossia quelle concernenti la disciplina delle attività produttive, “risultando in tal modo illegittima in quanto violativa, atteso il coinvolgimento della Conferenza unificata solo ai fini della acquisizione del parere e non della previa intesa, del principio della leale collaborazione”.
Si consideri che il citato art. 38 è stato modificato più volte, e più volte fornito d’ulteriori presidi costituzionali.
La formulazione originaria dell’impugnato terzo comma, nonostante il richiamo alla legge 23 agosto 1988, n. 400 e considerato il richiamo alle norme costituzionali di cui al comma precedente (articolo 117, secondo comma, lettera m), era meno esplicita di quella successiva in ordine al parere della Conferenza Unificata.
La Legge di conversione, nondimeno, sanò questa carenza (1).
Ciò che, tuttavia, si ritiene interessante, ai fini dell’odierna riflessione, è la disposizione del secondo comma dell’art. 38, nel suo divenire.
Una progressiva stratificazione di disposizioni costituzionali e comunitarie, ad integrare la giustificazione e l’ambito dell’intervento statale.
Quanto alle prime, il d.l. indicava solo la lettera m) “Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
La legge di conversione ha aggiunto la lettera p) “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
La modifica di cui all’art. 40 della legge 18 giugno 2009, n. 69 inserisce le lettere e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie e r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno.
Il fondamento comunitario è reso dall’espresso riferimento alla direttiva 2006/123/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, la c.d. direttiva servizi o anche direttiva Bolkestein (dal nome del Commissario europeo per il mercato interno della Commissione Prodi che l’ha curata).
Si tratta di una direttiva-quadro, che stabilisce poche regole generali e lascia agli stati membri la decisione su come meglio applicare i principi da essa enunciati.
Non riguarda alcuni ambiti disciplinati a parte da altre norme comunitarie: i servizi finanziari, le reti di comunicazione elettronica, i servizi di trasporto, il settore fiscale. Ciò stante, il legislatore, in un primo momento, ha ritenuto d’introdurre una clausola generale d’esclusione dall’ambito d’applicazione della presente disciplina delle attività comunque oggetto di leggi speciali, che individuano altresì modalità procedurali proprie.
Nondimeno, con l’art. 11-ter della legge 3 agosto 2009, n. 102 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali” rubricato “Sportello unico per le attività produttive” ha cassato tale precisazione (1. All’articolo 38, comma 3, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le parole: “con esclusione delle attività già disciplinate da legge speciale che ne individua anche l’autorità’ amministrativa competente” sono soppresse), a segnalare che è andata affermandosi la volontà d’introdurre una clausola di prevalenza espressa a favore della disciplina statale del procedimento unico.
L’art. 38 cita la direttiva anche alla lettera b) del terzo comma.
La nuova versione del secondo comma, tuttavia, qualifica l’art. 38 come norma interna d’attuazione (parziale) della direttiva-quadro; la lettera b) del terzo comma circoscrive il suo ambito oggettivo.
E’ infine integrato il quadro dei Ministri coinvolti nell’iter d’approvazione del provvedimento. In effetti, aveva lasciato perplessi l’assenza del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
In questo quadro è pronunciata la sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 21 gennaio 2010 (anche) sul ricorso della Regione Emilia-Romagna, di cui s’è detto in apertura.
Benché la modifica dell’art. 38, che ha introdotto il richiamo alla lettera r) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, sia sopravvenuta a siffatto ricorso, dal momento che tale circostanza è stata pacificamente riconosciuta come indifferente rispetto alle istanze regionali portate al vaglio della Consulta, la decisione in parola muove proprio da siffatta statuizione: “(…) questa Corte osserva che la materia nell’ambito della quale è stata emanata la disposizione censurata deve essere rinvenuta, non nel coacervo, peraltro indeterminato, di materie afferenti a industria, commercio, agricoltura, artigianato, turismo etc., complessivamente compendiato dalla Regione sotto la generica denominazione di “attività produttive”, ma in quella, affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, del «coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale»”.
Ivi si ricorda, poi, il precedente “storico” della stessa Corte in materia di Suap, la sentenza n. 376 del 2002, ove s’affermava che “La disciplina concernente il cosiddetto «sportello unico per le attività produttive» (…) è fondata sulla concentrazione in una sola struttura, istituita dal Comune, della responsabilità dell’unico procedimento attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l’insieme dei provvedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, nonché sulla concentrazione nello «sportello unico», presso la predetta struttura, dell’accesso a tutte le informazioni da parte dei medesimi soggetti interessati: ciò al fine di evitare che la pluralità delle competenze e degli interessi pubblici oggetto di cura in questo ambito si traduca per i cittadini in tempi troppo lunghi e in difficoltà di rapporti con le amministrazioni.”.
Da qui la riflessione plana sulla citata direttiva Servizi, segnatamente sull’art. 6 e sul punto 48 del preambolo.
La norma convalida, con l’autorevolezza della fonte comunitaria, quanto testé affermato nel riportato stralcio della sentenza del 2002 (2).
Il richiamo al punto 48, ove è ribadito che la diversa competenza di diverse autorità, regionali e locali, attiva la funzione di coordinamento, si offre come snodo argomentativo che consente ai giudici costituzionali di comprendere nella funzione di “coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale” quella propria dello sportello unico, spiegata attraverso “un procedimento amministrativo uniforme volto a consentire ai soggetti in possesso dei requisiti di legge la intrapresa dell’attività economica. Ciò non solo al fine di garantire, attraverso la uniformità e la ragionevole snellezza del procedimento, la maggiore trasparenza ed accessibilità del mercato, sì da assicurare le migliori condizioni di concorrenza, ma anche al fine di dare contenuto al precetto di cui all’art. 41 della Costituzione, il quale assegna, fra l’altro, alla legge dello Stato il compito di determinare i controlli opportuni affinché la iniziativa economica, anche privata, sia coordinata a fini sociali”.
È così superata anche l’obiezione basata sul paragrafo 2 del citato art. 6, in virtù del quale l’istituzione degli sportelli unici non pregiudica la ripartizione di funzioni e competenze tra le autorità, all’interno dei sistemi nazionali, di là dalla fondamentale necessità di avanzare ad oltranza verso la semplificazione delle procedure amministrative.
Non residua dubbio alcuno, dunque, circa il rispetto del principio di leale collaborazione, attraverso l’acquisizione del solo parere della Conferenza unificata, ergo la piena legittimità dell’intervento statale, esplicantesi anche nei regolamenti di delegificazione, attuativi dell’art. 38.
L’articolato predisposto in sede governativa, attualmente al vaglio del Consiglio di Stato, risulta coerente con tale impostazione: la disciplina sullo sportello unico e sui procedimenti di competenza, in senso ampio intesi, è in via generale sottratta alla potestà normativa regionale, cui è demandata l’individuazione di termini, con riferimento ad aspetti specifici (tempi inferiori a trenta giorni per l’efficacia della Dia, ove differibile, per la richiesta di documentazione integrativa, ove carente, per l’adozione del provvedimento conclusivo; i tempi per il maturarsi del silenzio assenso e quelli previsti per i controlli della rispondenza dell’impianto alla normativa vigente, di seguito alla chiusura di lavori), oltre ad un più generalizzato rinvio alle disposizioni regionali, ove lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti. La materia resta, in ogni caso, di competenza statale esclusiva.
Così è deciso.
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(1) Art. 38 Comma 3 – Con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per la semplificazione normativa, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, si procede alla semplificazione e al riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive di cui regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modificazioni, in base ai seguenti principi e criteri, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. (2) Art. 6 della direttiva 2006/123/Ce – Sportello Unico 1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori possano espletare le procedure e le formalità seguenti, mediante i punti di contatto denominati sportelli unici: a) tutte le procedure e le formalità necessarie per poter svolgere le sue attività di servizi, in particolare le dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie ad ottenere l’autorizzazione delle autorità competenti, ivi comprese le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione ad organismi o ordini ovvero associazioni professionali; b) le domande di autorizzazione necessarie all’esercizio delle sue attività di servizi.
2. L’istituzione degli sportelli unici non pregiudica la ripartizione di funzioni e competenze tra le autorità all’interno dei sistemi nazionali.

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