di ANTONIO CICCIA MESSINA (da Italia Oggi) Quando il sindaco posta foto sulla sua pagina Facebook non fa il giornalista: non può, quindi, subire le sanzioni previste per violazioni della privacy durante l’attività giornalistica. Così ha deciso il tribunale di Messina (sez. I civile, sentenza n. 995 del 17/4/2024), che ha annullato la sanzione (50 mila euro) irrogata dal Garante Privacy (ingiunzione n. 197 del 13/5/2021) a un primo cittadino per avere caricato sulla sua pagina del social network fotografie di minori in ambienti degradati, extracomunitari sdraiati dentro edifici pubblici, persone che abbandonano rifiuti. Di fronte al Garante, il sindaco ha sostenuto di avere agito nell’esecuzione di interessi pubblici derivanti dalla sua carica e che, pertanto, non aveva bisogno del consenso dei soggetti ripresi. Il Garante non è stato d’accordo, affermando che non c’è una norma che riferisce al Comune la diffusione da parte del sindaco di post su una rete social. Per il Garante, quindi, il sindaco ha agito come individuo e non come rappresentante dell’ente e ne ha equiparato l’attività a quella giornalistica: su queste basi è stata ritenuta illegittima la diffusione di dati non essenziali (rispetto al diritto di cronaca), in particolare le immagini di soggetti, tra cui minori, identificabili. Il Garante, dunque, si è convinto che il sindaco ha violato gli articoli n. 5 del Regolamento Ue 2016/679, GDPR (principi del trattamento), n. 137 del Codice Privacy (regole per il giornalismo) e n. 6 delle Regole deontologiche per il giornalismo. Il Garante ha, pertanto, applicato l’articolo 166 del codice, che prevede le sanzioni per alcune violazioni delle disposizioni del codice stesso, e ha irrogato la sanzione. Il trasgressore ha impugnato l’ingiunzione e, in primo grado, ha vinto. Il sindaco ha ribattuto di non avere svolto attività giornalistica (articolo 137 del Codice) e il giudice ha seguito questa tesi, annullando l’ingiunzione. Il tribunale aggiunge che il Garante ha anche sbagliato perché ha applicato una sanzione a una violazione per la quale non sono previste sanzioni: il giudice rileva che l’articolo 166 del Codice Privacy non prevede sanzioni per la violazione dell’art. 137 (contestata al sindaco). Sul punto della norma applicata, però, la sentenza commette un errore: il Garante, al contrario di quanto scritto nella pronuncia, ha irrogato la sanzione, esplicitamente prevista, per violazione dell’articolo 5 GDPR e delle regole deontologiche. Va sottolineato che, per aiutare a non sbagliare, il Garante potrà motivare più analiticamente le ingiunzioni, indicando, una per una, le norme violate, e per ciascuna di esse la relativa sanzione. In ogni caso la vera questione è come sono regolati i post sui social e in merito va fatto un po’ di ordine. Il solo fatto di postare foto o testi sul profilo social non è di per sé giornalismo (vanno verificati contesto e finalità della diffusione). Tuttavia, anche i post caricati dai privati, senza bisogno di applicare le norme sul giornalismo, sono sanzionati per violazione della privacy, quando eccedono lo scopo esclusivamente personale (articolo 2 GDPR). Pertanto, il titolare di una carica pubblica deve rispettare la privacy anche sulle pagine personali ed anche se la diffusione non è qualificabile come giornalistica. Va aggiunto che l’ente locale, nel regolamentare la propria attività di comunicazione, può disciplinare l’uso di profili social intestati a persone fisiche titolare di cariche e, in tal caso, si applica la legge 150/2000 e i trattamenti rientrano tra quelli di interesse pubblico. * Articolo integrale pubblicato su Italia Oggi del 30 aprile 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)
Sindaci e social network: il post su Facebook non è giornalismo
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