Segreto istruttorio vs accesso difensivo: quando la trasparenza amministrativa incontra il muro dell’interesse pubblico

Approfondimento di Domenico Trombino

Domenico Trombino 22 Aprile 2025
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L’accesso difensivo di cui all’art. 24, comma 7, L. 241/1990 – spesso invocato come clava contro l’opacità della P.A. – non costituisce un 
passe par tout universale. La sua pretesa di prevalenza si infrange davanti al segreto istruttorio, mentre sopravvive solo nelle ipotesi residuali di conflitto con la riservatezza dei terzi (art. 24, comma 6, lett. d). Una soluzione che trasforma il bilanciamento tra trasparenza e segreti pubblici in un esercizio di equilibrismo giuridico, dove l’interesse alla difesa cede il passo alla necessità di tutelare indagini e attività sensibili dello Stato.

Il recente intervento giurisprudenziale del T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. IV, Sent. 05/02/2025, n. 295, ha riacceso il nostro interesse nell’affrontare la questione, offrendo nuovi spunti di riflessione.

Il Tribunale ha qui affermato che il segreto istruttorio prevale in via assoluta sull’accesso difensivo, salvo quando l’esclusione riguardi dati personali di terzi (art. 24, co. 6, lett. d L. 241/1990). Nel caso concreto, gli atti ispettivi dell’INPS – equiparati agli atti di indagine penale ex art. 329 c.p.p. – sono stati considerati intrinsecamente incompatibili  con l’accesso, indipendentemente dalle autorizzazioni rilasciate dai terzi interessati. La sentenza ribadisce, infatti, che il legislatore ha operato un bilanciamento a priori tra trasparenza amministrativa e segreti pubblici, lasciando al giudice il solo compito di verificare la sussistenza formale delle esclusioni. Ciò conferma che l’accesso difensivo è un’eccezione all’eccezione, utilizzabile solo quando l’ostacolo è la riservatezza di terzi, non già quando entra in gioco l’interesse pubblico alla segretezza delle indagini.

La sentenza in parola illumina dunque, con crudo realismo, i limiti dell’accesso difensivo rispetto ai segreti d’indagine.
Il caso – nato dal diniego dell’INPS a concedere atti ispettivi legati a sanzioni milionarie – diventa il pretesto per ribadire un principio cardinale: il segreto istruttorio non è scavalcabile neppure dall’art. 24, co. 7 L. 241/1990, salvo quando l’ostacolo sia la riservatezza di terzi.

Il Tribunale chiarisce che gli atti amministrativi con finalità investigative (qui, un accertamento dell’Ispettorato del Lavoro) vanno equiparati agli atti penali ex art. 329 c.p.p., rendendo vana qualsiasi richiesta di accesso durante le indagini. Persino le liberatorie dei dipendenti intervistati – che avevano autorizzato la divulgazione delle loro dichiarazioni – sono state giudicate irrilevanti: l’interesse pubblico alla segretezza non può essere derogato da convenzioni private.

Si cementa così l’interpretazione restrittiva dell’accesso difensivo, confermando che il legislatore ha già operato un bilanciamento “in laboratorio” tra trasparenza e segreti, lasciando al giudice amministrativo il compito di verificare solo la sussistenza formale delle esclusioni. Il ricorrente, pur invocando il diritto di difesa in un eventuale giudizio, non ha superato lo scoglio del nesso strumentale qualificato: le sue richieste generiche (“visionare tutti gli atti”) sono state respinte, perché prive di collegamento specifico con concrete esigenze difensive.

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