Dal punto di vista strategico la scelta è, infatti, quella di cercare di “far rivivere” i centri storici facendo in modo che questo tornino ad ospitare nuovamente le attività che erano andate, nel tempo, perdendosi nell’oblio a favore della nascita e proliferazione dei grandi centri commerciali situati nelle zone più periferiche.
Guardano a nord e a sud di Trento, però, si è notato che esistono realtà che hanno saputo valorizzare e rendere attrattivi i centri storici: un obiettivo che anche il trentino intende perseguire unitamente alla promozione dei prodotti dell’artigianato locale. Non è un caso che, proprio nei giorni scorsi, l’assessore al commercio abbia annunciato le nuove linee guida per la riforma del commercio trentino (vedi testo integrale al seguente link) dove l’obiettivo strategico più importante è quello del recupero di un’attività commerciale che sia più legata al territorio ai vari livelli (promozione della presenza degli esercizi di vicinato, programmazione provinciale degli esercizi di maggiori dimensioni, sostenibilità ambientale ecc.).
La prima grande riforma prevista è quella della programmazione delle grandi strutture di vendita: vi saranno due livelli decisionali, uno provinciale che riguarderà le strutture con superficie utile superiore a 10.000 metri quadrati e che sarà gestito direttamente dalla Giunta provinciale e uno articolato a livello di comunità. La seconda grande riforma, poi, è quella degli orari degli esercizi commerciali: su questo punto non è mancato chi ha rilevato che l’ampliamento degli orari potrebbe, di fatto, porsi in contrasto con l’obiettivo conclamato della riforma, cioè quello di valorizzare le piccole e medie strutture, dato che quest’ultime avranno maggiori difficoltà ad assicurare l’apertura domenicale a causa del minor personale disponibile; un’obiezione che, però, sembra contraddetta dalle esperienze soprattutto a Nord di Trento, dove si può osservare che proprio grazie ad una maggiore elasticità degli orari è possibile consentire una maggiore attrattività dell’attività commerciale svolta nei centri storici.
Tornando al tema principale, osserviamo che la deliberazione della Giunta provinciale n. 237 del 12 febbraio 2010 sospende l’efficacia della deliberazione n. 1674 del 3 luglio 2009 recante criteri e modalità di attuazione dell’articolo 28, comma 2 quater della legge provinciale 8 maggio 2000, n. 4 (Disciplina dell’attività commerciale in provincia di Trento). Per comprendere la ratio della scelta effettuata occorre, però, fare un passo indietro. Con la citata legge finanziaria di assestamento 2009 (LP 2/2009) la provincia autonoma di Trento aveva definito puntualmente, con norma di rango legislativo, le caratteristiche soggettive ed oggettive dei soggetti che avrebbero svolto un’attività intermedia di promozione delle iniziative di rivitalizzazione dell’attività commerciale dei centri storici. Per quanto atteneva ai requisiti soggettivi, questi erano costituiti unicamente dal possesso della personalità giuridica, dalla presenza prevalente di imprese commerciali e dalla presenza, nel proprio organo di amministrazione, di una rappresentanza delle associazioni di categoria. Per quanto atteneva i requisiti oggettivi, l’unica cosa richiesta era la presenza della clausola di “adesione aperta”.
La definizione di tali criteri aveva dato luogo, però, a delicate questioni interpretative ed applicative, delle quali peraltro fa cenno la stessa deliberazione in commento.
I motivi di perplessità, d’altronde, sono facilmente e palesemente intuibili.
In primo luogo, appare di difficile inquadramento lo stesso affidamento della gestione di fondi pubblici a favore di “intermediari” che potrebbero non assicurare che l’attività di erogazione avvenga secondo le tipiche caratteristiche dell’attività amministrativa: imparzialità, efficacia, efficienza, trasparenza.
Collegato a tale problema vi è la stessa definizione dei requisiti di carattere soggettivo che, logicamente, non possono limitarsi a quelli definiti dal comma 2-quater dell’articolo 28 nella formulazione che abbiamo appena illustrato.
Manca, solo per fare un esempio, la definizione dei requisiti morali e di capacità tecnica e professionale che, solitamente, si richiede in qualsiasi concessione o appalto di servizi: l’assenza di procedure fallimentari, di condanne degli amministratori ecc.
Manca poi, in negativo, la definizione dei requisiti diretti ad assicurare l’imparzialità e l’indipendenza del soggetto “intermediario”: in quali modi si potrebbe assicurare, ad esempio, che i fondi non siano destinati in via preferenziale ai propri associati?
In che modo si evita che vi siano consulenze ed incarichi a soggetti che sono, magari, direttamente o indirettamente collegati con il soggetto intermediario? In che modo si evitano possibili conflitti di interesse?
Manca, ancora, la definizione dei requisiti di professionalità, dato che solo l’esperienza nella gestione dei fondi in questione potrebbe assicurare una corretta gestione degli stessi. Dal punto di vista oggettivo, poi, la clausola di “adesione aperta” andrebbe ulteriormente precisata: il soggetto gestore dei fondi in questione, sia a livello comunale che provinciale, è pur sempre una sorta di “monopolista” dei prestazioni che possono essere rese unicamente da parte di un unico o da un ristrettissimo numero di soggetti, che per effetto della disponibilità dei fondi in questione, si muovono totalmente al di fuori di una logica di mercato.
Tralasciando, in questa sede, la problematica relativa agli “aiuti alle imprese”, desta perplessità la clausola di “adesione aperta” sia perchè impone un contenuto statutario in violazione del divieto di interferenza del legislatore provinciale sulle norme di diritto privato, sia perchè in realtà questa si traduce in una maggiore onerosità ed una grave restrizione alla libertà d’impresa perchè si individua, di fatto, come condizione per ottenere un finanziamenti quella di essere soci del soggetto finanziatore. Senza parlare del fatto che, così delineato il sistema, questo rende, per così dire, “fisiologica” la presenza di un conflitto di interessi tra finanziatore e finanziati che dovrebbe, invece, appartenere piuttosto alla patologia.
Non da ultimo, poi, andrebbe anche valutata la legittimità di un sistema che parrebbe quasi delineare dei requisiti “su misura” (presenza sui territori dei comuni trentini o della provincia autonoma di Trento, partecipazione delle organizzazioni di categorie nei consigli di amministrazione ecc.) quando – invece – le regole comunitarie sulla concorrenza (e gli stessi principi che proprio l’annunciata riforma vorrebbe, invece, attuare: vedi direttiva “Bolkestein” 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) vietano espressamente la delineazione di “bandi fotocopia” idonei a rendere impossibile la partecipazione di soggetti diversi da quelli che possiedano i requisiti “ad hoc”.
Anche se non esplicitati nella deliberazione in commento, probabilmente sono state queste le criticità di fondo che sono emerse dopo la prima applicazione della legge finanziaria di assestamento, che ha costretto la provincia anche a rivedere la normativa con la finanziaria 2010.
Allo scopo di facilitare il raffronto dei testi normativi, mettiamo a disposizione la versione del comma 2-quater dell’articolo 28 della legge provinciale sul commercio nella versione anteriore e successiva alla finanziaria 2010:
Articolo 28
versione modificata dall’art. 18 della l.p. 30 dicembre 2002, n. 15 e dall’art. 41, comma 2 della l.p. 28 marzo 2009, n. 2
2 quater. Per sostenere la qualificazione e la valorizzazione dei luoghi storici del commercio la Provincia incentiva le iniziative promozionali realizzate da soggetti a livello comunale e da un soggetto unico a livello provinciale i quali soddisfino i seguenti requisiti:
a) possesso della personalità giuridica;
b) presenza prevalente delle imprese commerciali;
c) adesione aperta a tutti i soggetti aventi interesse alla qualificazione e alla valorizzazione dei luoghi storici del commercio, fermo restando quanto previsto alla lettera b);
d) presenza nell’organo di amministrazione di una rappresentanza delle associazioni di categoria del commercio.
Articolo 28
versione modificata dalla LP 28 dicembre 2009, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010-2012 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria provinciale 2010)
2 quater. Per sostenere la qualificazione e la valorizzazione dei luoghi storici del commercio la Provincia incentiva le iniziative promozionali realizzate da soggetti a livello comunale e da un soggetto unico a livello provinciale che soddisfino i requisiti stabiliti dalla Giunta provinciale, purché assicurino la partecipazione degli operatori commerciali e l’adesione aperta dei soggetti aventi interesse alla qualificazione e alla valorizzazione dei luoghi storici del commercio.
Come si nota, con la modifica si è evitato di definire puntualmente, con legge provinciale, i requisiti oggettivi e soggettivi dei soggetti che, a livello comunale o provinciali, gestiranno i fondi per la promozione e valorizzazione dell’attività commerciale nei luoghi storici e si è affidata l’incombenza della definizione dei requisiti stessi ad una deliberazione attuativa della Giunta provinciale.
Per intanto, dunque, si è data esecuzione alla norma finanziaria sospendendo l’efficacia della precedente deliberazione n. 1674 del 3 luglio 2009. Successivamente, sarà adottata una nuova deliberazione che dovrà farsi carico della complessa problematica della definizione dei requisiti oggettivi e soggettivi dei soggetti gestori dei finanziamenti provinciali, che non potranno non tener conto delle regole di concorrenza “per il mercato” e dell’esigenza che siano assicurate le regole a garanzia di un’azione sorretta dai principi del procedimento amministrativo e da una corretta gestione del denaro pubblico.
Fonte: La Gazzetta degli Enti locali 18/2/2010
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