TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. I – Sentenza 9 ottobre 2013, n. 2098
Il potere di emanare ordinanze extra-ordinem è invocabile solamente allorquando si tratti di fronteggiare situazioni eccezionali ed imprevedibili, ed in assenza di ordinari strumenti con cui provvedere (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 13.6.2012, n. 3490 e, da ultimo, TAR Calabria, sez. II, 6.6.2013, n. 643: “Secondo jus receptum, il potere esercitato in base all’art. 54, del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 presuppone una situazione di pericolo effettivo – da indicare espressamente – avente i caratteri della temporaneità, che non può essere affrontata con nessun altro tipo di provvedimento. In altri termini, tale provvedimento atipico, di natura eccezionale, previsto per fronteggiare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, non può essere utilizzato ai fini della cura di esigenze prevedibili e ordinarie e va giustificato dalla sussistenza di situazioni eccezionali ed impreviste, incompatibili con i tempi occorrenti per l’espletamento degli ordinari procedimenti e con l’utilizzo dei provvedimenti tipizzati previsti dall’ordinamento giuridico”. Ne consegue che è illegittima l’ordinanza con la quale il Sindaco ordina al titolare di un pubblico esercizio di lasciare libero da cose e persone il locale entro 15 giorni dalla notifica della stessa ordinanza, essendo stati aggiudicati in via definitiva i lavori di ristrutturazione del palazzo, ed avendo l’impresa aggiudicataria (a mezzo del Direttore dei lavori) comunicato che i lavori sono incompatibili con lo svolgimento delle attività commerciali esistenti, “posto che la presenza di terzi estranei «è inconciliabile con le normali condizioni di tutela della pubblica e privata incolumità e ciò in quanto in netta contrapposizione con la normativa di sicurezza regolante l’esecuzione dei lavori»”. Nel caso di specie, non sono ravvisabili elementi di natura eccezionale, posto che l’esigenza di liberare l’area, per l’esecuzione dei lavori, era ben rappresentabile anzitempo (basti pensare che l’opera, come emerge dalla stessa ordinanza sindacale, era stata inclusa nella programmazione triennale dei lavori pubblici, approvata con delibera di c.c.) e poteva perciò essere ordinariamente affrontata e risolta. Va inoltre precisato che l’esigenza perseguita con l’ordinanza impugnata non è quella di tutelare la incolumità dei cittadini, ma è quella di eseguire i lavori pubblici programmati (e quindi di disporre dell’immobile in questione); solo l’esecuzione di questi nell’immobile occupato potrà mettere in pericolo l’incolumità dei cittadini.
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