Prosegue il ciclo di audizioni in corso in commissione Attività produttive della Camera sulle proposte di legge che intendono disciplinare gli orari di apertura degli esercizi commerciali. Oggi il gruppo di lavoro ha ascoltato rappresentanti di Confcommercio, dell’Ufficio parlamentare di bilancio, di Anci e delle Regioni. Di seguito, una panoramica delle diverse posizioni.
Confcommercio
Secondo Enrico Postacchini, esponente di Confcommercio, il numero delle festività va stabilito a livello nazionale, le Regioni poi potranno declinare la norma “perché conoscono meglio i territori”. Il rappresentante dell’associazione ha posto attenzione su altre leve che migliorerebbero la vita dei commercianti: la cedolare secca sugli affitti e una disciplina del commercio elettronico con un fisco più equo, dato che al momento “c’è disparità di tassazione e trattamento”. “Si deve preservare la distribuzione dei piccoli che rappresentano più del 90% anche della nostra base associativa”, ha sottolineato Postacchini.
Ufficio parlamentare di bilancio
“La quantificazione empirica del possibile impatto macroeconomico della proposta di legge è assai incerta“. A dirlo è stato Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, sottolineando che, non essendoci stati molti casi passati di modifiche legislative simili in Italia, “occorre stimare impatti che tengano conto anche delle esperienze di altri paesi”. Nella media dei paesi OCSE, ha riportato, le passate liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali hanno avuto “impatti positivi sull’occupazione”, mentre quelli sulle vendite e sui prezzi “non sono statisticamente significativi”. Per quanto riguarda la riforma effettuata in Italia nel 2011, “si riscontra un effetto espansivo sull’occupazione, più forte rispetto a quello medio associato alle riforme in altri paesi, come la Francia, la Germania e la Finlandia”.
“Il commercio al dettaglio è uno dei settori economici che maggiormente sta concorrendo a salvaguardare i livelli occupazionali e questo avviene soprattutto in virtù delle dinamiche osservabili sul lato della grande distribuzione”, ha detto. “A fronte di una dinamica contenuta delle vendite, si è osservata una ripresa del numero di lavoratori dipendenti”, passati da 1,050 milioni del secondo trimestre del 2008 a quasi 1,2 milioni nel corrispondente trimestre del 2018. Nel terzo trimestre del 2018 il numero delle posizioni lavorative dipendenti nella piccola distribuzione (circa 560 mila) ha superato i livelli del 2010.
Nonostante sia diminuita l’incidenza complessiva delle persone che effettuano acquisti, tra il 2003 e il 2014 la domenica è stata l’unico giorno della settimana in cui questa incidenza è aumentata (1,9 punti percentuali), a discapito degli altri giorni, soprattutto del sabato (-3,5 punti).
ANCI
“Il principio fondamentale deve tornare a essere quello della regolamentazione, rimessa ai Comuni, ma con limiti certi e ragionevoli e parametri di riferimento chiari, a determinarne le eccezioni”. Questa la posizione dell’Associazione nazionale dei comuni italiani espressa oggi da Carla Palone, assessore al Commercio del comune di Bari.
Ulteriore suggerimento degli enti locali, la possibilità per i sindaci di “limitare l’apertura serale/notturna degli esercizi di vendita del settore alimentare o misto nelle zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggregazione, che pregiudicano il diritto dei residenti alla sicurezza o al riposo”.
Regioni
Secondo la Conferenza delle Regioni, in questo ambito la “competenza esclusiva è dello Stato, come definito dalla sentenza della Corte costituzionale”. Questo quanto riportato dall’assessore al Commercio della Regione Lazio Gian Paolo Manzella.
“In linea di massima – ha detto Manzella – i rappresentanti delle Regioni ritengono che sia lo Stato a individuare cosa sono le città turistiche, d’arte e le deroghe”. Ulteriore suggerimento delle Regioni, che si esprimeranno giovedì in Conferenza sul testo, è il rafforzamento dei controlli sul lavoro nei festivi. C’è “preoccupazione” da parte di molte Regioni perché la chiusura “potrebbe desertificare alcune zone“, in quanto rappresenta un fattore di attrattività per alcuni territori. “Lo Stato individua i giorni generali poi le Regioni concordano con i comuni le altre giornate di chiusura”, ha detto Manzella. Le giornate generali obbligatorie, ha avvertito l’assessore, devono essere le stesse, per evitare concorrenza sleale.
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