La finalità prioritaria è realizzare la concreta armonizzazione dei regimi normativi di accesso ed esercizio delle attività di servizi (di cui viene patrocinato l’incremento del livello di qualità) abbattendo gli ostacoli alla prestazione nel mercato interno.
La direttiva, in altri termini, promuove il processo di pianificazione strategica perseguito dagli Stati dell’Unione oscurando definitivamente quelle dinamiche che fino ad oggi potevano animare i fenomeni di contrasto con l’equilibrio dei mercati. Problema non trascurabile per gli analisti se soltanto si considera che il campo dei servizi rappresenta un settore in grado di generare il 70% del Pil comunitario.
Libertà di circolazione e occupazione
L’incidenza sul Pil, interpretata in una chiave non marginalmente fiscale, è indubbio che debba essere valutata anche in termini di potenzialità del lavoro e in questo senso la direttiva, disciplinando le possibilità connesse alla libera circolazione, favorisce un aumento dei posti di lavoro e la loro qualità. Attraverso la dematerializzazione delle frontiere che si oppongono alla libera circolazione, definite come centrali nell’ambito delle iniziative intraprese dalla Commissione per giungere, entro il 2012, a una riduzione del 25% degli oneri
amministrativi, assumono efficacia giuridica le libertà fondamentali dell’Unione riconosciute dagli Stati membri come pilastri della competitività dell’Europa nel contesto economico mondiale.
Il commercio e la distribuzione
Il recepimento della direttiva “servizi”, nella cui nozione è ricompreso il commercio e la distribuzione, ha costituito un lavoro particolarmente impegnativo per le istituzioni degli Stati membri chiamate a osservare i molteplici adempimenti posti a carico degli Stati membri se si considera che la direttiva prevede non soltanto disposizioni volte ad assicurare la libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e la libera prestazione temporanea di servizi transfrontalieri ma anche un più generale obbligo di semplificazione delle procedure amministrative riguardanti l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi.
L’iter procedurale
Tali aspetti hanno richiesto una lunga e articolata valutazione della compatibilità dei criteri indicati dalla direttiva e un esame delle procedure e delle formalità previste dall’ordinamento nazionale per semplificarle quando si è ritenuto necessario. Un lavoro che è andato avanti per stadi a cominciare dal 2004 quando la Commissione elaborò, il 13 gennaio 2004, una “proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno”, definita da subito anche come direttiva “servizi”. Successivamente, il 16 febbraio 2006, il Parlamento europeo adottò, ad ampia maggioranza e in prima lettura, un certo numero di emendamenti alla proposta cui fece seguito la proposta modificata da parte della Commissione del 4 aprile 2006 che assunse la base della posizione comune del Consiglio adottata il 24 luglio 2006. Il Parlamento si è pronunciato in seconda lettura il 15 novembre 2006, senza modifica sostanziale della posizione comune e il Consiglio ha definitivamente adottato la direttiva il 12 dicembre 2006.
Il campo d’applicazione della direttiva
La direttiva definisce un quadro giuridico generale per qualsiasi servizio fornito dietro corrispettivo economico valorizzando la specificità di talune attività o professioni ed escludendo quelli afferenti a specifici settori. Sono esclusi i seguenti:
– servizi non economici d’interesse generale;
– servizi finanziari (quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti);
– servizi di comunicazione elettronica in relazione alle materie disciplinate dalle direttive in materia;
– servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali;
– servizi delle agenzie di lavoro interinale;
– servizi sanitari,
– servizi audiovisivi;
– attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna;
– attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri;
– taluni servizi sociali (nel settore degli alloggi, dell’assistenza all’infanzia e del sostegno alle famiglie e alle persone bisognose);
– servizi privati di sicurezza;
– servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione.
In coerenza con la efficace implementazione degli obbiettivi, gli Stati membri possono essere chiamati eventualmente a semplificare le procedure e le formalità amministrative applicabili per accedere a un’attività di servizi ed esercitarla. Gli strumenti possono essere molteplici e in tal senso la direttiva fornisce una campionatura delle possibili iniziative di semplificazione quali:
– l’istituzione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività;
– l’obbligo di rendere possibile l’espletamento di tali procedure per via elettronica;
– l’eliminazione degli ostacoli giuridici e amministrativi allo sviluppo del settore dei servizi
Anche relativamente alla semplificazione della libertà di stabilimento la Direttiva statuisce particolari regole quali:
– l’obbligo di valutare la compatibilità dei regimi di autorizzazione alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità e di rispettare taluni principi quanto alle condizioni e procedure di autorizzazione applicabili al settore dei servizi;
– il divieto di taluni requisiti giuridici che esistono nelle legislazioni di determinati Stati membri e non possono essere giustificati, ad esempio i requisiti di nazionalità;
– l’obbligo di valutare la compatibilità di un certo numero di altri requisiti giuridici alla luce dei principi di non discriminazione e di proporzionalità.
La libera prestazione temporanea di servizi transfrontalieri
La libera prestazione di servizi è possibile, secondo quanto disposto dalla Direttiva, assicurando il libero accesso a un’attività di servizi nonché il suo libero esercizio sul territorio dei singoli Stati membri.
In tale prospettiva lo Stato membro nel quale il prestatore di servizi si reca dovrà fissare condizioni che siano non discriminatorie, motivate e proporzionate per ragioni relative all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza, alla salute pubblica o alla tutela dell’ambiente.
La direttiva prevede , in particolare, un certo numero di deroghe importanti a questo principio, in materia di qualifiche professionali, di distacco dei lavoratori e per i servizi di interesse economico generale.
I diritti dei consumatori
I diritti dei consumatori dei destinatari dei servizi vengono assicurati attraverso due fondamentali misure dirette a tutelare:
– il diritto dei destinatari ad utilizzare servizi in altri Stati membri;
– il diritto dei destinatari ad ottenere informazioni sulle regole applicabili ai prestatori qualunque sia il loro luogo di stabilimento e sui servizi offerti da un prestatore di servizi.
La qualità dei servizi
La qualità dei servizi viene perseguita mediante:
– il rafforzamento della qualità dei servizi attraverso la certificazione volontaria delle attività o l’elaborazione di carte di qualità;
– l’elaborazione di codici di condotta europei da parte di organismi o associazioni professionali.
Perché le descritte finalità non restino petizioni di principio la direttiva prevede la stretta collaborazione tra gli Stati membri ponendo a carico di ciascuno l’obbligo legale vincolante di relazionarsi con le autorità di altri Stati membri per garantire un controllo efficace delle attività di servizi nell’Unione, evitando una moltiplicazione dei controlli. E’ significativo, in tal senso, il meccanismo di allerta tra i vari Paesi e l’attivazione del sistema elettronico di scambio di informazioni tra Stati membri.
Fonte: FiscoOggi
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