Si articola in tredici pagine il documento che Andrea Gnassi, sindaco di Rimini e delegato Anci al turismo e demanio marittimo, ha consegnato alle commissioni VI e X della Camera dei deputati per comunicare, a nome di tutti i Comuni costieri italiani, le osservazioni in merito alla legge-delega di riforma sulle concessioni balneari.
Di seguito le parole del delegato ANCI in audizione alla Camera dei deputati
Per questo motivo “il ddl delega per la revisione e il riordino della normativa sulle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreativa, rappresenta un passo importante per le imprese turistiche balneari, costrette ad operare da oltre sette anni in un quadro di estrema incertezza”.
Da questo punto di vista “è positivo che il ddl abbia recepito uno dei criteri per cui l’Anci si batte maggiormente: la valorizzazione delle peculiarità territoriali, elemento fondamentale in un Paese con circa 8 mila chilometri di costa”. Lo ha sottolineato Andrea Gnassi, sindaco di Rimini e delegato Anci al Turismo e al Demanio marittimo, in audizione dinanzi alle Commissioni Finanze ed Attività Produttive della Camera, in merito al ddl di delega approvato dal governo lo scorso 27 gennaio.
Ma, secondo il delegato Anci, per dare piena attuazione al principio delle peculiarietà territoriali bisogna declinarlo “nei decreti legislativi attribuendo un ruolo importante ai Comuni nell’elaborazione dei bandi e nella determinazione di criteri particolari per l’assegnazione delle concessioni”.
Il sindaco di Rimini ha rimarcato come, anche grazie al lancio del piano strategico per il turismo 2017-2020, si siano create le occasioni per “ricollocare il turismo balneare nel più ampio pacchetto di offerta turistica internazionale, dove l’Italia sconta un gap di infrastrutture e servizi che la rendono meno competitiva di quanto di fatto potrebbe essere”.
In questo senso l’Anci plaude al ddl delega che contiene “principi e criteri direttivi su cui improntare la riforma, quali il riconoscimento e tutela degli investimenti, dei beni aziendali e del valore commerciale, il riconoscimento della capacità tecnica dimostrata e della professionalità acquisita nell’esercizio di concessioni di beni demaniali marittimi”. Ma anche quelli del “rispetto dei principi della concorrenza, della qualità paesaggistica e sostenibilità ambientale, della garanzia dell’esercizio e sviluppo delle attività imprenditoriali, tutti principi da sempre sollecitati dall’Anci”, ha aggiunto Gnassi.
In particolare il sindaco di Rimini ha auspicato che la riforma sia occasione per una sinergia tra gli operatori della balneazione ed i Comuni. “L’arenile – ha affermato – non deve essere un mondo a sé stante ma parte integrante dell’intero territorio: logistica, servizi, sistema viario di accesso, sistema idrico e fognario, riqualificazione urbana e paesaggistica, e tutti gli elementi di pianificazione comunale devono entrare in relazione con l’arenile ed i progetti che su di esso si realizzano”.
Il delegato Anci ha poi definito positivo il fatto che il ddl intervenga “sulla materia dei canoni demaniali marittimi incidendo anche sulle situazioni pregresse e sospese delle pertinenze commerciali per le quali l’applicazione del canone commisurato ai valori di mercato, introdotto dalla Finanziaria 2007, ha determinato un aumento considerevole degli importi, nell’ordine del mille per cento in pochi anni”.
Infine, il sindaco di Rimini ha ribadito una proposta sui cui l’Anci ha lavorato e suggerito sulla questione del periodo transitorio per provvedere alla riforma prescritta dalla direttiva Bolkestein: “Crediamo, come dice la legge delega – ha spiegato Gnassi – che andrebbe previsto un termine adeguato” a “tutela degli imprenditori che hanno fatto affidamento sul sistema preesistente”. I Comuni, però, “dovrebbero avere la possibilità di autodeterminarsi circa i tempi” delle procedure.
Da qui la proposta di Anci: “Il punto relativo al ‘congruo tempo’ per avviare le evidenze pubbliche potrebbe trovare una sintesi nella seguente formulazione: “entro X anni, gli enti gestori individuati per legge (le Regioni di concerto con i Comuni) sono tenuti a procedere all’applicazione della disciplina di riordino e quindi ad avviare le procedure di evidenza pubblica”. Il termine “entro” , infatti, permetterebbe ai Comuni e alle Regioni di agire in un quadro unitario con un termine certo stabilito dal legislatore e, al contempo, di disciplinare realtà diverse che secondo le loro specificità possono avviare le evidenze pubbliche in tempi diversi, ma comunque non oltre gli x anni stabiliti”, ha argomentato il delegato Anci.
“Ad esempio, ai Comuni e alle Regioni, che devono ancora procedere alla pianificazione territoriale, alla ricognizione della fascia costiera e alla predisposizione degli adempimenti amministrativi di competenza, la formulazione di cui sopra permetterebbe di poter avviare le procedure di evidenza pubblica avendo a disposizione il massimo tempo individuato dal legislatore. Viceversa, a quei Comuni e a quelle Regioni che hanno già espletato quanto sopra e sono pronti a partire con le evidenze pubbliche, la formulazione “entro” permetterebbe di avviare le procedure di evidenza pubblica in tempi più rapidi”, ha concluso Gnassi.
Fonte: Anci.it
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