di Laura Serafini (dal Sole 24 Ore) Le concessioni sono un importante strumento attraverso il quale lo Stato delegata la gestione di servizi o infrastrutture ai privati in cambio di un canone di concessione. Il valore di molte società privatizzate dallo Stato italiano, d’altro canto, fa perno proprio sui flussi finanziari che lo sfruttamento di queste concessioni può garantire. Quello che fa riflettere in questo periodo è come in Italia si stia procedendo in ordine sparso sui criteri per la riassegnazione. Essi sono spesso frutto di spinte contrapposte di interessi, di incapacità dello Stato di garantire i controlli, di richiesta di procedure competitive, talvolta spinte dalla Commissione europea (come nel caso delle concessioni balneari). Altre volte gare che ci siamo autoimposti a differenza di quanto accade in qualsiasi altro paese europeo, come nel caso delle concessioni idroelettriche. Ma ci sono altri generi di concessione che vanno a scadenza a breve. Le concessioni geotermiche da rinnovare entro il 2025; quelle per le reti di distribuzione elettrica sono in scadenza nel 2030 ma il decreto Bersani prevede che entro il prossimo anno vadano stabilite le regole in base alle quali riassegnarle. Per capire il “nonsense” di alcune situazioni è interessante fare confronti. Il decreto legge Energia approvato a fine 2023 aveva previsto l’introduzione di un percorso parallelo rispetto alle gare per riassegnare le concessione. Nella sostanza l’ente concedente – le Regioni – può riassegnare la concessione all’operatore uscente a fronte di un impegno significativo in nuovi investimenti. Il percorso è stato approvato per le concessioni geotermiche, ma non per quelle idroelettriche. Complice il fatto che il target delle gare per l’idroelettrico era diventato una milestone del Pnrr. Così in quest’ultimo settore è il caos: consegnare la gestione di risorse cruciali per le sorti del paese, come acqua ed energia elettrica, a investitori esteri (come previsto dalle gare europee) può sembrare, in questi tempi di rincorsa per l’indipendenza energetica del paese, un esercizio masochistico. Nei fatti è tutto bloccato da una pioggia di ricorsi. Per le concessioni geotermiche (oltre 30 concentrate in Toscana e gestite da Enel Green Power) è invece partito un tavolo di confronto con la Regione che si deve concludere a giugno. L’auspicio è che il caos che si è aperto sulle concessioni idroelettriche non sia replicato con la riassegnazione delle concessioni per la distribuzione di energia elettrica. Il decreto Bersani del ’99 prevede «l’emanazione entro il 2025 di un regolamento di esecuzione del ministero dell’Industria» per «stabilire modalità, condizioni e criteri per il rilascio delle nuove concessioni da affidare sulla base di procedure di gara da indire nel rispetto della normativa europea in materia di appalti pubblici». La difficoltà di introdurre un nuovo binario rispetto alle tre forme previste dalla legge sulla concorrenza per l’idroelettrico – e cioè gara tout court, affidamento a una società mista pubblico-privata oppure project financing – è legata al fatto che nessuno sinora ha intavolato un negoziato con Bruxelles per rivedere il target del Pnrr. A quel punto, però, di un altro aspetto si dovrà tenere conto: e cioè il fatto che Bruxelles nei mesi scorsi ha inviato al governo italiano un documento in cui si sollevano perplessità sull’utilizzo delle procedure del project financing adottato in Italia per via delle implicazioni sugli aiuti di Stato. Dunque, potrebbe essere necessario rimuovere il project financing dal novero delle modalità di gara. Nell’attesa di capire come saranno le gare per la rete di distribuzione il mercato si posiziona: potrebbe rientrare in questa ottica la cessione di un pezzo di rete nella provincia di Milano da Enel all’utility A2A per 1,35 miliardi. Enel detiene una fetta importante delle rete di distribuzione di energia elettrica del paese. Poi ci sono le concessioni autostradali. Le vicende di Autostrade per l’Italia che hanno portato il governo a rinazionalizzarne il controllo con l’acquisto da parte di Cdp sono note. Se in altri settori si aspira alle gare per attirare anche investitori esteri, in questo settore la vocazione per il pubblico prevale. Nelle scorse settimane il Mit ha varato la costituzione di Autostrade di Stato, nata dalla costola di Anas che detiene partecipazioni in 5 società concessionarie del Nord Italia a capitale misto che applicano pedaggi. L’ambizione di questo soggetto sarebbe quello di aggiudicarsi concessioni in scadenza o quelle di nuove tratte da realizzare.
* Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 3 maggio 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)
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