Concorso straordinario per l’attribuzione di sedi farmaceutiche

5 Febbraio 2020
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L’art. 11, comma 5, d.l. n. 1 del 2012, convertito in l. n. 27 del 2012, ha inteso riaffermare la regola dell’alternatività nella scelta tra l’una e l’altra sede da parte dei farmacisti persone fisiche che partecipano al concorso straordinario, in coerenza con la regola generale dell’art. 112, commi 1 e 3, r.d. n. 1265 del 1934, sicché il farmacista assegnatario di due sedi deve necessariamente optare per l’una o per l’altra sede; tale regola dell’alternatività o non cumulabilità delle sedi vale per tutti i farmacisti candidati, che concorrano sia singolarmente che “per” la gestione associata, prevista dall’art. 11, comma 7, d.l. n. 1 del 2012, la quale non costituisce un ente giuridico diverso dai singoli farmacisti, ma è espressione di un accordo partecipativo, comportante il cumulo dei titoli a fini concorsuali e inteso ad assicurare la gestione associata della farmacia in forma paritetica, solo una volta ottenuta la sede, nelle forme consentite dall’art. 7, comma 1, l. n. 362 del 1991 (1).

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(1) L’art. 11, comma 5, d.l. n. 1 del 2012 prevede, ai fini che qui rilevano e come si è già sopra ricordato, che «ciascun candidato può partecipare al concorso per l’assegnazione della farmacia in non più di due regioni o province autonome» e consente espressamente, quindi, che i farmacisti, persone fisiche, possano prendere parte a non più di due concorsi straordinari banditi dalle varie Regioni o Province autonome.

Il concorso straordinario previsto dall’art. 11, d.l. n. 1 del 2012 per l’assegnazione delle sedi istituite in base ai nuovi criterî da esso introdotti ha avuto il fine, dichiarato nel comma 1, di «favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l’apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico» (Cons. St., sez. III, 4 ottobre 2016, n. 4085).

A tale essenziale fine e, cioè, per favorire anzitutto l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, l’art. 11, comma 3, d.l. n. 1 del 2012 ha previsto espressamente che non possano partecipare al concorso straordinario i farmacisti titolari, compresi i soci di società titolari, di farmacia diversa da quelle di cui alle lettere b) e c) e, cioè, di farmacia rurale sussidiata e di farmacia soprannumeraria.

In questa prospettiva si colloca la previsione dell’art. 11, comma 5, del d.l. n. 1 del 2012, che consente ai farmacisti, che non siano già titolari di altra sede, di partecipare al concorso straordinario per l’assegnazione di farmacia in non più di due Regioni o Province autonome.

È quindi chiaro, secondo le regole generali, di cui l’art. 11, comma 5, d.l. n. 1 del 2012 costituisce specifica applicazione per il concorso straordinario, che i farmacisti candidati, ammessi al concorso straordinario in quanto non siano già titolari di altra sede, ben possano concorrere, singolarmente o in forma associata, a due distinte sedi, su base regionale o provinciale, ma devono poi scegliere una tra le due sedi, non potendo ottenerle cumulativamente (c.d. principio dell’alternatività), poiché devono dedicare la loro attività personale necessariamente all’una o all’altra, a presidio del servizio farmaceutico erogato sul territorio nazionale e in funzione della salute quale interesse dell’intera collettività (art. 32 Cost.) e non quale bene meramente utilitaristico-individuale, oggetto solo di valutazioni economico-imprenditoriali.

Una diversa soluzione, la quale conducesse a ritenere che dall’art. 11, comma 5, d.l. n. 1 del 2012 e, nel caso di specie, dalla pedissequa previsione dell’art. 4 del bando si desuma la possibilità di assegnare due sedi allo stesso o agli stessi candidati, non solo si porrebbe in contrasto con l’interpretazione letterale – secondo l’antico canone ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit – della disposizione in esame, che ha consentito testualmente, ed espressamente, solo la partecipazione al concorso straordinario in non più di due Regioni o Province autonome e non già l’assegnazione di due distinte sedi in deroga alle regole generali in favore dello stesso o degli stessi farmacisti, ma anche sul piano teleologico con la ratio della previsione stessa, che è quella già ricordata di favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge.

Ciò che, evidentemente, sarebbe reso quantomeno più difficoltoso dal fatto lo stesso o gli stessi farmacisti ottengano la titolarità di due sedi in due diverse Regioni ne sottraggano una ad altri, pure aventi titolo, seppure successivi ad esso o ad essi nella graduatoria.

L’ottenimento di ben due sedi concretizzerebbe un vantaggio anticompetitivo del tutto ingiustificato, a fronte dello sbarramento previsto dall’art. 11, comma 3, d.l. n. 1 del 2012 per i farmacisti già titolari di sede, nei confronti dei quali soltanto, e per la mera casualità di essere già titolari di una sede farmaceutica, opererebbe invece il divieto di cumulo dell’art. 112, r.d. n. 1265 del 1934 e dell’art. 7, comma 1, l. n. 326 del 1991, certamente e incontestabilmente – nemmeno gli appellanti lo contestano – tuttora vigente quantomeno per il farmacista individuale già titolare di sede.

Nel senso dell’applicabilità del divieto del cumulo anche ai farmacisti concorrenti per la gestione associata, peraltro, va ricordato che questo Consiglio di Stato si è già pronunciato, seppure in sede di appello cautelare, con due ordinanze (Cons. St., sez. III, ord., 11 maggio 2018, n. 2127).

Ha aggiunto l’Alto consesso che i farmacisti concorrono alla sede messa a concorso straordinario «per la gestione associata», come espressamente prevede l’art. 11, comma 7, d.l. n. 1 del 2012, gestione che, al momento del concorso e fino all’assegnazione della sede, non può essere realizzabile e ciò significa che detta gestione in forma associativa della sede, non conseguibile se non all’esito del concorso, indica solo la finalità della partecipazione in forma associata o, se si preferisce, cumulativa, non già una realtà esistente (del resto impossibile prima che la sede sia ottenuta), sicché è vano sul piano cronologico, prima che ancora errato sul piano giuridico, discettare se la gestione associata sia un quid diverso e ulteriore rispetto ai singoli farmacisti associati o un tertium genus rispetto alla gestione individuale o collettiva.

Ha aggiunto che i singoli farmacisti possono aspirare alla gestione associata della sede, come prevede l’art. 11, comma 7, d.l. n. 1 del 2012, «sommando i titoli posseduti», e la loro partecipazione “associata” al concorso straordinario, sulla base di un accordo inteso alla futura gestione – assimilabile, forse e a tutto concedere, ad un contratto plurilaterale con comunione di scopo o ad un pactum de ineunda societate – comporta un mero cumulo di titoli in vista -appunto: «per la» – futura gestione associata della sede agognata.

Solo ove detto cumulo – previsto dal legislatore, anche in questo caso, per «favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge», con una ulteriore vistosa deroga al principio meritocratico tipico del concorso, e non già, ancora una volta, per consentire agli stessi farmacisti associati di ottenere addirittura la titolarità di ben due farmacie – risulterà fruttuoso sul piano della graduatoria e condurrà all’assegnazione della sede a quegli stessi farmacisti, persone fisiche, si porrà, poi, l’effettivo problema della gestione della farmacia in forma “collettiva”.

La titolarità della farmacia attribuita alla società da essi costituita per garantire la gestione associata, nelle forme ora consentite dall’art. 7, comma 1, l. n. 362 del 1991, sarà peraltro «condizionata al mantenimento della gestione associata da parte degli stessi vincitori, su base paritaria, per un periodo di tre anni dalla data di autorizzazione all’esercizio della farmacia, fatta salva la premorienza o sopravvenuta incapacità» (art. 11, comma 7, d.l. n. 1 del 2012).

fonte: www.giustizia-amministrativa.it

 

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