Bevande alcoliche: legittimo il divieto negli stadi ma nel rispetto della Convenzione di Strasburgo del 19 agosto 1985

6 Maggio 2010
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Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2465 del 29 aprile 2010, ha ritenuto illegittima un’ordinanza del sindaco di Lecce che vietava in modo incondizionato la vendita di alcolici di qualsiasi gradazione da parte di esercizi pubblici posti all’interno dello Stadio, durante le partite di calcio.
Nella sentenza, il Consiglio di Stato evidenzia che la disposizione, dettata dall’art. 5, comma 2, della legge 25 agosto 1991, n. 287, attribuisce al Sindaco il potere di estendere “eccezionalmente” il divieto di somministrazione di bevande alcoliche durante le manifestazioni sportive anche alle bevande con contenuto alcoolico inferiore al 21% del volume. Il citato art. 5 della legge n. 287/1991 è conforme alle prescrizioni dettate in questa materia dalla Convenzione di Strasburgo del 19 agosto 1985, nel senso che:
• prevede il divieto assoluto di somministrazione di bevande aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume negli esercizi operanti nell’ambito di impianti sportivi, fiere, complessi di attrazione dello spettacolo viaggiante installati con carattere temporaneo nel corso di sagre o fiere, e simili luoghi di convegno, nonché nel corso di manifestazioni sportive o musicali all’aperto;
• attribuisce altresì al Sindaco il potere di emanare ordinanza al fine di estendere temporaneamente ed eccezionalmente tale divieto alle bevande con contenuto alcoolico inferiore al 21 per cento del volume.
Il Sindaco, pertanto, nel imporre il divieto per le bevande con contenuto alcoolico inferiore al 21 per cento del volume, non deve superare i limiti imposti dall’art. 5 della legge n. 287/1991 oltre che in relazione allo stesso disposto dell’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000, sul piano della congruità della motivazione e dell’ambito temporale di operatività. Occorre pertanto che nell’ordinanza siano debitamente “comprovate, in termini di attualità e di concretezza, le esigenze che possano giustificare misure limitative che la legge ex professo qualifica come eccezionali. La rilevanza di tale deficienza motivazionale risulta vieppiù aggravata in ragione dell’ampia portata, temporale e sostanziale, della misura inibitoria adottata.”.

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