di FLAVIA LANDOLFI (dal Sole 24 Ore) L’equo compenso non si applica agli appalti pubblici. Così l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) in una nota inviata il 19 aprile all’indirizzo del Ministero dell’Economia e a quello delle Infrastrutture che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare. E che è destinata a suscitare clamore nello scontro in corso da mesi sulle tariffe per le prestazioni professionali complice il groviglio di norme contrapposte: da un lato il codice degli appalti e dall’altro la successiva legge 49/2023. E in assenza di un orientamento chiaro su quale delle norme debba prevalere sull’altra, l’authority guidata da Giuseppe Busia ha preso carta e penna e ha scritto alla Cabina di regia chiedendo un intervento immediato su una «questione rilevante che necessita di tempestiva soluzione». Secondo ANAC l’equo compenso non si applica agli appalti pubblici integrati e a quelli che riguardano servizi di ingegneria e architettura perché, spiega, «si porrebbe in contrasto con il principio di concorrenza, farebbe lievitare i costi e penalizzerebbe i professionisti più giovani e i più piccoli». La partita sulla gara, spiega l’Anticorruzione, non potendo fare leva sulle tariffe professionali si giocherebbe sull’esperienza maturata e sull’organizzazione degli studi. E il combinato disposto tra codice degli appalti e legge 49/23 potrebbe sollevare una serie di interpretazioni tutte di difficile lettura. Per questo «in mancanza di diverse indicazioni interpretative ANAC procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate». E dunque invitando le stazioni appaltanti «ad adottare comportamenti volti a favorire la massima partecipazione e a scongiurare l’adozione di comportamenti discriminatori». E ancora l’Autorità ritiene opportuno «far riferimento, nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, alle indicazioni fornite nelle Linee guida n. 1 e il dettato del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”». Nell’insistere sulla necessità di una norma di coordinamento tra codice e legge 49/23 ANAC ritiene che «i due ambiti normativi vadano adeguatamente coordinati tra loro, accedendo a una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti. Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la legge n. 49/2023, sebbene successiva al codice, non ha derogato espressamente allo stesso» e quindi «la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina». Ma «la legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei». Qui il nodo centrale da dirimere. Anche se ricorda l’Authority «il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023». Nella nota si fa anche riferimento alla Corte di giustizia con la sentenza del 4/7/2019, causa C-377/2017: qui dice ANAC «in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Ue, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, posizione confermata dalla successiva sentenza del 25/1/2024, causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza». Ma ce n’è anche per la spesa pubblica e soprattutto per il buon esito del PNRR: «Il quadro economico-finanziario rischierebbe di essere compromesso, con evidenti ricadute sui tempi di attuazione e aumento del contenzioso, in caso di valutazioni diverse». * Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 23 aprile 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)
ANAC: “Equo compenso fuori dagli appalti pubblici”
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