Abuso d’ufficio, amnistia a 4mila condannati

di GIOVANNI NEGRI (dal Sole 24 Ore)

Il Sole 24 Ore
15 Luglio 2024
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di GIOVANNI NEGRI (dal Sole 24 Ore)

È assai concreto, probabilmente inevitabile, il rischio amnistia per i circa 4mila “colletti bianchi” condannati per abuso d’ufficio. L’allarme lo lancia il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che ieri ha dichiarato che «da oggi tutti coloro che sono stati condannati per abuso d’ufficio si rivolgeranno al giudice per chiedere l’eliminazione della condanna. È una piccola amnistia per i pubblici ufficiali: avremo 34mila persone, o forse di più, che chiederanno la revoca della condanna, una piccola amnistia per i colletti bianchi».

Una volta pubblicata in «Gazzetta» la legge sancisce la cancellazione dal Codice penale di uno dei più classici reati dei pubblici ufficiali, infatti, come sempre accade in casi di abolitio criminis (anche parziale, basta ricordare, in un recente passato, quanto avvenne sul falso in bilancio con l’introduzione delle soglie di rilevanza penale), tutte le persone che hanno ricevuto condanne ormai definitive potranno chiedere la cancellazione dal casellario. Per Santaucia siamo di fronte a «un colpo di spugna, l’abolizione di un reato che ha un suo contenuto importante, e non consideriamo che nel 2020 la norma è stata riscritta in maniera talmente restrittiva che la “paura della firma” non ha più ragione d’essere. Si stanno sovrapponendo vecchie questioni che riguardavano un passato ormai alle spalle, quando la norma era un po’ troppo generica; oggi era forse eccessivamente restrittiva ma cancellarla significa regalare uno spazio di impunità, e non parliamo solo dei sindaci ma di qualunque pubblico ufficiale».

E per avere un’idea delle condotte che ora resteranno scoperte dalla tutela penale basta leggere la rassegna di casi su cui si è espressa già la Cassazione condensata nel negativo parere reso dal Csm all’allora disegno di legge Nordio. Si inizia con il sindaco che non aveva rinnovato l’incarico di un funzionario comunale per fini ritorsivi e discriminatori; si prosegue con la condotta di un altro sindaco che, trasgredendo l’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio, aveva disposto la requisizione di un immobile di proprietà privata oggetto di una controversia civile in corso tra il privato proprietario e una società patrocinata dallo stesso sindaco. E poi ci sono il semplice dipendente comunale che aveva intenzionalmente procurato a sé e ai propri familiari un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nell’affidamento diretto alla società di cui essi erano parte di numerosi incarichi per lavori di un importo di svariate migliaia di euro e il responsabile della Polizia municipale che aveva affidato a una società, con procedura diretta e senza preventiva determinazione della giunta municipale, il servizio di misurazione elettronica della velocità media dei veicoli. E ancora, il dirigente comunale che ingaggia sua nipote, presiedendo la commissione esaminatrice, responsabile di un ufficio tecnico comunale che rilascia titoli abilitativi o trasformazioni d’uso in contrasto con il Piano comunale, il sindaco che revoca l’incarico di dirigente al candidato in una lista contrapposta.

Tutte condotte che assai poco hanno a che vedere con la burocrazia difensiva e molte invece con il malcostume amministrativo. Nessuna obiezione in linea di principio dai magistrati all’obbligo di interrogatorio preventivo, altro cardine della legge Nordio, prima della decisione sulla richiesta del carcere preventivo, ma dovrebbe essere accompagnata da misure restrittive temporanee, altrimenti il pericolo di fuga nei cinque giorni a disposizione del giudice per decidere sarà reale.

Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 12 luglio 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)

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