Dehors verso la riforma

Approfondimento di Pippo Sciscioli

Pippo Sciscioli 12 Agosto 2024
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Dopo oltre quattro anni e diverse proroghe della normativa straordinaria varata durante l’emergenza pandemica, il legislatore si è deciso ad affrontare in maniera definitiva e organica la materia delle concessioni di spazi e aree pubbliche con strutture amovibili (pedane, dehors, ombrelloni, tavolini e sedie) per il consumo di prodotti di gastronomia.

Il primo passo di questo percorso è stato fatto con l’art. 23 del disegno di legge Concorrenza per il 2024 approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 luglio, appena bollinato: nell’ordine, dovrà ora attendersi l’approvazione in Parlamento della relativa legge che conterrà i principi ed i criteri della delega e, successivamente, l’adozione da parte del Governo del decreto legislativo che conterrà la specifica disciplina della complessa materia.

Il percorso comunque si presenta non certo breve nè si annuncia agevole, dovendo contemperare due contrapposte esigenze di tutela di interessi generali del nostro ordinamento: da un lato, la libertà di iniziativa economica delle imprese del settore e, dall’altro, la tutela del patrimonio artistico, archeologico e culturale e la tutela della sicurezza e del decoro urbano.

Nel dettaglio, il recente DDL stabilisce che il decreto legislativo dovrà essere adottato entro 12 mesi dall’adozione della legge di approvazione del recente ddl (dunque se andrà tutto bene, a fine 2025), tanto è vero che il c.4 del citato art. 24 differisce a tutto il prossimo anno (se non oltre ancora) l’efficacia della disposizione derogatoria contenuta all’art. 9 ter cc. 4 e 5 del d.l. 137/2020.

Come è noto tale ultima disposizione esenta le imprese (ma dei soli pubblici esercizi di somministrazione di alimenti bevande ex L. 28791) dall’obbligo di acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ex art.146 del d.lgs. 42/04 del Comune o del parere ex art.21 del d.lgs. 42/04 della Soprintendenza per installare su suolo pubblico le strutture amovibili funzionali all’attività esercitata.

E qui già c’è la prima criticità da risolvere, della quale il Parlamento prima ed il Governo poi dovranno tenere conto per non ingenerare ingiustificate disparità di trattamento, almeno per quei Comuni in cui i pubblici esercizi non sono soggetti a contingentamento per ragioni di tutela ambientale, paesaggistica, di decoro urbano, così come previsto dall’art. 64 c.3 del d.lgs. 59 del 2010.

Testualmente, il ddl riserva la riforma ai solo pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e cioè bar, ristoranti, bracerie, pizzerie, ignorando la possibilità che la legge Bersani n.248/2006 aveva già assicurato agli esercizi di vicinato del settore alimentare (macellerie, pescherie, salumerie) ed alle imprese di panificazione di effettuare, oltre alla vendita, anche il consumo sul posto utilizzando gli arredi dei locali, ancorchè senza servizio assistito.

Alla predetta novità normativa, aveva fatto seguito la svolta interpretativa in materia di occupazione di suolo pubblico, risalente a fine 2016, operata dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e dall’allora Ministero per lo sviluppo economico, secondo cui “già il D.L. n. 223/2006 aveva inteso superare o quantomeno coordinare con i principi di concorrenza tutte le attività di consumo sul posto di alimenti e bevande, individuando il discrimen tra l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato unicamente nella presenza o meno del servizio assistito. Esse, inoltre, non basano l’interpretazione offerta su quanto strettamente necessario a tutelare le esigenze di interesse generale tipizzate dal citato D.L. n. 201/2011, quali la “tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali”.
Le Risoluzioni in esame, pertanto, risultano idonee a favorire l’adozione di regolazioni a livello locale ingiustificatamente restrittive e discriminatorie, quali ad esempio il Regolamento per la disciplina delle occupazioni di spazi ed aree pubbliche e per l’applicazione del relativo canone modificato dal Comune di Lucca nel 2014 e di recente portato all’attenzione dell’Autorità. Tale regolamento, infatti, riproponendo estensivamente alcune disposizioni contenute nel previgente Regolamento per la somministrazione di alimenti e bevande, vieta agli esercizi di vicinato qualsiasi modalità di occupazione del suolo pubblico tale da realizzare forme di ristoro o consumo all’aperto”.

Da ciò appare inevitabile attendersi che la prossima legge sulla concorrenza ed il relativo decreto delegato adottino la medesima disciplina della concessione di suolo pubblico con strutture amovibili tanto per i p.e. quanto per gli esercizi di vicinato e di panificazione, quanto meno per quei Comuni o quelle zone prive di contingentamento per l’apertura dei primi.

E ciò in linea con i generali principi di ragionevolezza e proporzionalità evocati dallo stesso art.23 c.2 del citato ddl, oltre che di semplificazione amministrativa.

Proprio in quest’ottica, il decreto legislativo dovrà:

1) prevedere l’esclusione- in via definitiva e superando la transitorietà dell’attuale disciplina- dall’autorizzazione paesaggistica per strutture amovibili (ombrelloni, pedane, ombrelloni, sedie e tavolini), tranne che per le occupazioni di suolo pubblico per vie, piazze e aree prospicienti a siti archeologici e altri beni culturali immobili di interesse artistico, storico, archeologico eccezionale;

2) definire le modalità di attuazione per l’individuazione di tali siti soggetti a tutela;

3) introdurre l’istituto del silenzio assenso per l’autorizzazione relativamente ad occupazioni di aree ricadenti in tali siti;

4) garantire la compatibilità degli interventi sottoposti ad autorizzazione con i siti di riferimento al fine di preservare la piena fruibilità del patrimonio culturale, il decoro e l’omogeneità degli elementi di arredo, la delimitazione dello spazio occupato, la progettazione integrata con lo spazio circostante;

5) limitare il diniego dell’autorizzazione da parte dell’ente preposto solo in caso di acclarata impossibilità di armonizzazione delle strutture amovibili con il contesto che me consentano la compatibilità;

6) prevedere maggiori misure di semplificazione nel procedimento autorizzativo e, al tempo stesso, un adeguato regime sanzionatorio in caso di violazioni;

7) infine, criteri uniformi in base ai quali i Comuni dovranno adeguare i propri regolamenti di settore.

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