Si muova pertanto dal presupposto che l’attività determinativa del quantum di una sanzione amministrativa, seppur scaturente dalla sussunzione delle peculiarità di una fattispecie concreta entro i criteri normativamente indicati, costituisce esplicazione di una lata discrezionalità, tant’è che l’operazione valutativa posta in essere non può essere sindacata in sede di giudizio di legittimità, laddove risulti congruamente motivata e scevra da vizi logici.
I criteri generali di cui fare applicazione, ai fini della commisurazione delle sanzioni pecuniarie, sono rinvenibili nell’ambito dell’art. 11 della l. 689 del 1981, in virtù del quale “nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”.
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