Da un intervento legislativo presentato dal Governo come “la più ampia riforma per la semplificazione di tutto il sistema” ci si aspettava altro, benché i margini fossero limitati, in un ordinamento giuridico che si è avviato sul cammino del “semplificare” già con il Codice civile del Regno d’Italia del 1865 – ove era contenuta una norma che permetteva al cittadino di certificare circostanze notorie, attraverso dichiarazioni sostitutive, rese davanti a un magistrato, con l’assistenza di testimoni – proseguitto sensibilmente con la Delega al Governo per l’emanazione di nuove norme sulle documentazioni amministrative e sulla legalizzazione di firme (G.U. 7 agosto
1956, n. 197), delega eseguita con il d.P.R. 2 agosto 1957, n. 6782 e, successivamente con la celeberrima legge 4 gennaio 1968, n. 15, Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme (G.U. 27 gennaio 1968, n. 2) – il cui richiamo, ancora presente nella legge 241/90, all’art. 18, rubricato Autocertificazione, è stato cassato soltanto ora, proprio dall’art. 12 del decreto semplificazioni, sostituito con il riferimento espresso al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il testo unico sulla documentazione amministrativa.
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