Il Consiglio di Stato, nel ribadire l’orientamento già espresso dalla sentenza n. 1109 del 22 febbraio 2018 (e condiviso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 4 del 18 gennaio 2018), ha riaffermato, ancora una volta, con sentenza n. 6057 del 2/9/2019, l’applicabilità delle informazioni antimafia anche ai provvedimenti autorizzatori e alle attività soggette a s.c.i.a.
L’art. 89, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 prevede espressamente, alla lett. a), che l’autocertificazione, da parte dell’interessato, che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione, di cui all’art. 67, riguarda anche «attività private, sottoposte a regime autorizzatorio, che possono essere intraprese su segnalazione certificata di inizio attività da parte del privato alla pubblica amministrazione».
La Sezione ha ritenuto quindi che, per lo stesso tenore letterale del dettato normativo e per espressa volontà del legislatore antimafia, che le attività soggette a s.c.i.a. non sono esenti dai controlli antimafia, e che il Comune ben possa e anzi debba verificare che l’autocertificazione dell’interessato sia veridica e richiedere al Prefetto di emettere una comunicazione antimafia liberatoria o, come nel caso di specie, revocare la s.c.i.a. in presenza di una informazione antimafia comunque comunicatagli o acquisita dal Prefetto.
Nulla infatti impedisce al Prefetto e, anzi, l’art. 89-bis, d.lgs. n. 159 del 2011 – che ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (sent. n. 4 del 18 gennaio 2018 della Corte costituzionale) – espressamente gli impone di emettere una informazione antimafia, in luogo della comunicazione antimafia liberatoria richiesta dal Comune, laddove accerti la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa, anche quando tale richiesta sia effettuata in ipotesi di s.c.i.a. e/o durante i controlli che concernono le attività ad esse soggette, potendo le verifiche di cui all’art. 88, comma 2, essere attivate anche nel caso di autocertificazione, previsto dall’art. 89, comma 2, lett. a), anche per la s.c.i.a.
Una visione moderna, dinamica e non formalistica del diritto amministrativo, quale effettivamente vive e si svolge nel tessuto economico e nell’evoluzione dell’ordinamento, individua un rapporto tra amministrato e amministrazione in ogni ipotesi in cui l’attività economica sia sottoposta ad attività provvedimentale, che essa sia di tipo concessorio o autorizzatorio o, addirittura soggetta a s.c.i.a., come questo Consiglio, in sede consultiva, ha chiarito nei numerosi pareri emessi in ordine all’attuazione della l. n. 124 del 1015 (v., in particolare e tra gli altri, il parere n. 839 del 30 marzo 2016 del Consiglio di Stato sulla riforma della disciplina della s.c.i.a.).
La natura vincolata della revoca della s.c.i.a. o, comunque dir si svoglia, l’effetto inibitorio conseguente all’emissione della documentazione antimafia (anche nella forma dell’informazione antimafia), applicabile anche all’attività soggetta a s.c.i.a. per stessa previsione legislativa (art. 89, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011), escludono qualsivoglia contrasto con l’affermata natura privatistica dell’attività soggetta a s.c.i.a.
La stessa Corte costituzionale, di recente, ha chiarito che l’attività soggetta a s.c.i.a., pur orientata al principio della liberalizzazione, non è esente da controlli e verifiche, previste dall’art. 19, l. n. 241 del 1990, «cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi» (ord. n. 45 del 13 marzo 2019) e ciò vale, a maggior ragione, anche per i controlli antimafia.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it
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