Preliminarmente il Tar ha escluso che un’associazione avente lo scopo di garantire il diritto di difesa nel processo penale sia legittimata ad intervenire in un processo amministrativo riguardante la legittimità di misure di prevenzione in ambito amministrativo, intervenendo queste a prescindere dall’accertamento della responsabilità penale dell’interessato ed essendo, anzi, volte a prevenire la commissione di reati ed operano al di fuori dell’ambito penale.
Il Tar ha poi affermato che non è possibile delineare una netta distinzione tra i concetti di “ordine pubblico” e “sicurezza urbana” poiché il mantenimento del primo è presupposto del secondo: ne segue che il Prefetto è ben legittimato, in astratto, ad emanare provvedimenti contingibili e urgenti al fine di tutelare la convivenza civile, la coesione sociale e il decoro urbano senza che ciò costituisca sostituzione in prerogative proprie del Sindaco.
Presupposto per l’emanazione di provvedimenti contingibili e urgenti in base all’art. 2 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza è la dimostrazione, da parte dell’Autorità prefettizia, dell’insufficienza dei mezzi ordinariamente messi a disposizione dell’ordinamento per affrontare la situazione rilevata.
Il divieto di stazionare in determinate aree urbane non può dunque essere utilizzato in via ordinaria quale misura di prevenzione amministrativa poiché, in tal caso, dovrebbe essere previsto da una specifica norma di legge come stabilisce l’articolo 16, primo comma, della Costituzione.
Al fine di legittimamente disporre misure di prevenzione amministrativa incidenti su libertà costituzionalmente garantite è infatti necessario che alla denuncia del soggetto interessato (presupposto imprescindibile) si aggiungano altri elementi qualificanti la sua pericolosità, i quali siano concretamente desumibili da precedenti di polizia o altri elementi incontrovertibili.
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