Evidenziamo in particolare l’analisi dell’articolo 6 sulla proroga delle concessioni per il commercio su aree pubbliche.
Articolo 6, comma 8 – (Commercio su aree pubbliche)
L’articolo 6, comma 8, proroga al 31 dicembre 2018 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, al fine di allineare le scadenze delle concessioni medesime.
Andrebbe valutata l’opportunità di richiamare espressamente le disposizioni normative di cui si dispone la proroga.
La norma non dispone la proroga di una specifica disposizione legislativa. Tuttavia si ricorda che il D.Lgs. n. 59/2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, all’articolo 70, comma 5, che reca norme sul commercio al dettaglio sulle aree pubbliche ha demandato a un’intesa in sede di Conferenza unificata, anche in deroga all’articolo 16 del medesimo decreto legislativo, relativo alle procedure di selezione tra diversi candidati, l’individuazione, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa, dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche e delle disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della norma citata e a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all’applicazione di tali disposizioni transitorie.
In applicazione dell’articolo 70, comma 5, in sede di Conferenza unificata è stata adottata l’Intesa n. 83/CU del 5 luglio 2012, avente ad oggetto i criteri da applicare nelle procedure di selezione per l’assegnazione di posteggi su aree pubbliche, nonché le relative disposizioni transitorie.
Con il successivo Accordo raggiunto in sede di Conferenza Unificata il 16 luglio 2015, è stata sancita un’interpretazione univoca dell’applicazione alle attività artigianali, di somministrazione di alimenti e di rivendita di quotidiani e periodici svolte sulle aree pubbliche dei criteri dell’Intesa del 5 luglio 2012 stessa.
Nella riunione del 24 marzo 2016 la Conferenza delle Regioni e delle province autonome, in recepimento dell’intesa del 5 luglio 2012, ha approvato un documento unitario in attuazione dell’Accordo del 2015 relativo ai criteri da applicare alle procedure di selezione per l’assegnazione di aree pubbliche ai fini dell’esercizio di attività artigianali, di somministrazione di alimenti e bevande e di rivendita di quotidiani e periodici, assunto in recepimento dell’intesa del 5 luglio 2012.
In particolare il documento disciplina:
- la durata delle concessioni di aree pubbliche (in relazione alla quale si propone di fissare una durata massima, pari a 12 anni, al fine di garantire una remunerazione al netto degli investimenti materiali e immateriali)
- i criteri di selezione;
- l’assegnazione di nuove aree pubbliche con i relativi criteri e punteggi di priorità
- la partecipazione alle procedure di selezione di prestatore proveniente da uno Stato dell’Unione Europea;
- le disposizioni transitorie.
In particolare in relazione a queste ultime, al fine di evitare eventuali disparità di trattamento tra i soggetti le cui concessioni di aree pubbliche sono scadute prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) e che hanno, quindi, usufruito del rinnovo automatico ed i soggetti titolari di concessioni scadute successivamente a tale data, che non hanno usufruito di tale possibilità, si stabilisce l’applicazione, in fase di prima attuazione (2017-2020), delle seguenti disposizioni transitorie:
- le concessioni scadute e rinnovate (o rilasciate) dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2010 (8 maggio 2010) sono prorogate di diritto per sette anni da tale data, quindi fino al 7 maggio 2017 compreso;
- le concessioni che scadono dopo l’entrata in vigore dell’Accordo della Conferenza unificata (16 luglio 2015) e nei due anni successivi, sono prorogate di diritto fino al 15 luglio 2017 compreso;
- le concessioni scadute prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2010 e che sono state rinnovate automaticamente mantengono efficacia fino alla naturale scadenza prevista al momento di rilascio o di rinnovo.
La norma in esame, pertanto, si applica, prorogando la relativa scadenza al 31 dicembre 2018:
- alle concessioni scadute e rinnovate (o rilasciate) dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2010, la cui scadenza era già stata prorogata fino al 7 maggio 2017;
- alle concessioni che scadono dopo l’entrata in vigore dell’Accordo della Conferenza unificata del 16 luglio 2015 e nei due anni successivi, la cui scadenza era già stata prorogata fino al 15 luglio 2017;
- alle concessioni scadute prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2010, che sono state rinnovate automaticamente.
Considerato che i termini oggetto di proroga sono contenuti in un documento della Conferenza delle Regioni e delle province autonome in recepimento dell’intesa in sede di Conferenza unificata, andrebbe valutata l’opportunità di verificare se vi siano state forme adeguate di coinvolgimento delle Regioni nell’adozione della norma in esame.
La materia del commercio, è attribuita alla competenza residuale (e quindi esclusiva) delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), ma presenta altresì profili inerenti alla materia della tutela della concorrenza, che la Costitituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. e) Cost.).
La Corte costituzionale ha infatti sottolineato (sentenza n. 98 del 2013), che la direttiva n. 2006/123/CE – pur ponendosi, in via prioritaria, finalità di liberalizzazione delle attività economiche (e, tra queste, la libertà di stabilimento di cui all’art. 49 [ex art. 43] del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) – consente, comunque, di porre dei limiti all’esercizio della tutela di tali attività, nel caso che questi siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale (come quelli derivanti dalla scarsità delle risorse naturali, che determina la necessità della selezione tra i diversi candidati), come previsto, in termini generali, dagli artt. 14, 15 e 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). Peraltro, la Corte ha, contestualmente, rilevato che l’art. 70, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 59 del 2010 consente, a sua volta, espressamente di derogare alle regole dettate per tale regime autorizzatorio, proprio nel caso della regolamentazione del commercio al dettaglio su aree pubbliche, prevedendo che, «con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all’articolo 16 del presente decreto, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all’applicazione di tali disposizioni transitorie».
La Corte riconduce tale normativa alla materia “tutela della concorrenza” (che si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all’esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche).
Nella specie, è dunque lo stesso art. 70, comma 5, del d.lgs. n. 59 del 2010 a stabilire che, attraverso lo strumento dell’intesa, si adottino (anche in deroga) non solo i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche, ma anche le disposizioni per il passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime “con ciò individuando espressamente, nella medesima sede partecipata, il luogo ove adottare la normativa transitoria, da intendersi quale ordinario strumento teleologicamente diretto a regolamentare i rapporti pendenti in caso di successione delle leggi nel tempo” (sentenza n. 245 del 2013).
La norma di proroga in commento andrebbe inoltre valutata alla luce della giurisprudenza comunitaria in materia di applicazione della direttiva 2006/123/CE, con particolare riguardo alla proroga delle concessioni, e della giurisprudenza costituzionale in materia.
Con riferimento ai profili di compatibilità comunitaria della proroga delle concessioni, con specifico riguardo al commercio al dettaglio su aree pubbliche, non risultano avviate procedure di contenzioso o precontenzioso nei confronti dell’Italia.
In materia, si evidenziano, tuttavia, le seguenti procedure di infrazione per violazione del diritto dell’Unione europea concernenti l’applicazione della direttiva 2006/123/CE:
• Concessioni idroelettriche: La Commissione europea ritiene che l’articolo 37 del decreto-legge 22/06/12, n. 83 (convertito in legge 07/08/12, n. 134) contrasti con l’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE e con l’articolo 49 del TFUE. Secondo la Commissione, l’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE non solo ribadisce l’obbligo di attribuire per pubblica gara i contratti pubblici denominati “concessioni”, ma stabilisce anche che l’affidatario della concessione scaduta non debba conseguire alcun privilegio a seguito della risoluzione del contratto stesso. La normativa statale di cui al citato articolo 37 del decreto-legge 22/06/12, n. 83, secondo la Commissione, prevede una sostanziale proroga automatica – da una durata minima di 2 anni ad una massima, estensibile fino al 31/12/17 – delle concessioni idriche già scadute alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge, nonché di quelle in scadenza dopo tale data. Inoltre, il medesimo articolo obbliga l’eventuale “nuovo” concessionario ad acquistare, da quello “uscente”, il ramo di azienda strumentale all’esercizio dell’impresa idroelettrica oggetto della concessione. Ciò contrasterebbe, secondo la Commissione, con il suddetto articolo 12 della direttiva 2006/123/CE;
• Concessioni demaniali marittime: lo scorso 14 luglio la Corte di giustizia dell’UE ha bocciato il regime nazionale di proroga delle concessioni demaniali marittime e lacuali per finalità turistico ricreative Corte giust. sez. V, 14 luglio 2016, C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa e Melis. La Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.
La Corte costituzionale si è espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni.
In più occasioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011) la Corte costituzionale ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, «impedisc[ono] l’accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all’ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori»
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