Scia 2 – Il Dossier del Senato

16 Settembre 2016
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Il Servizio Studi del Senato ha pubblicato il Dossier 369 in materia di Scia 2.
Facendo riferimento all’iter dell’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare, n. 322 “Individuazione procedimenti oggetto di autorizzazione, SCIA, silenzio assenso” il dossier offre un’attenta analisi del provvedimento attraverso utili schede di lettura.

 

in particolare l’articolo 5 contiene semplificazioni in materia di commercio.

Il comma 1 dell’articolo, alle lettere a) e b), interviene sulla disciplina relativa al settore contenuta nel D.Lgs. n. 114/1998, e nello specifico sull’articolo 26, comma 5, sopprimendo l’obbligo di comunicazione al comune competente per territorio della cessazione delle seguenti attività:

  • esercizi di vicinato (disciplinati all’articolo 7 dello stesso D.Lgs. n. 114)
  • medie strutture di vendita (disciplinate all’articolo 8 del D.Lgs.)
  • grandi strutture di vendita (disciplinate all’articolo 9 del D.Lgs.).

Secondo il Consiglio di Stato, il principio di proporzionalità suggerirebbe di mantenere l’onere della comunicazione a salvaguardia dell’attività di controllo e programmazione del Comune.

La novella a tal fine interviene sopprimendo nel vigente primo periodo del comma 5 dell’articolo 26 il richiamo agli articoli 7, 8 e 9, rispettivamente concernenti gli esercizi di vicinato e le medie e le grandi strutture di vendita.

Rimangono invece assoggettate a comunicazione al comune competente il trasferimento della gestione o della proprietà per atto tra vivi o per causa di morte (subingresso).

L’obbligo della comunicazione nel caso di subingresso opera per tutte le attività commerciali (come, ad esempio, per il subingresso nell’attività di commercio su area pubblica su posteggio e in forma itinerante non alimentare, punto 2.1, nn. 35 e 37, della Tabella allegata allo schema che richiama l’articolo 26, comma 5 e l’articolo 30, comma 1(7) del D.Lgs. n. 114/1998).

Si osserva che sarebbe opportuno, con l’intervento novellatore di cui al comma 1, sopprimere nell’articolo 26, comma 5 del D.Lgs. n. 114/1998 il richiamo al comma 1 dell’articolo 7 del medesimo D.Lgs, in quanto abrogato.

Il comma 2 interviene sul D.Lgs. n. 59/2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (cd. Direttiva Bolkenstein) ed in particolare sull’articolo 64, concernente l’attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione.

In particolare, la novella estende la segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) anche all’apertura o il trasferimento di sede degli esercizi commerciali insistenti in zone del comune soggette a tutela.

La disciplina attualmente vigente contenuta nell’articolo 64 del D.Lgs. n. 59/2010 richiede invece, in tali casi, l’autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.

In tutti gli altri casi, e dunque: nel caso apertura o trasferimento di sede di esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande in zone non sottoposte a tutela, ovvero nel caso di trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi, siano essi in zone sottoposte a tutela o non, la disciplina vigente già prevede la SCIA(8) .

Si segnala che, in ragione della legislazione già vigente, contenuta nel sopra commentato articolo 64 il Consiglio di Stato (Sez. V), con sentenza 22 ottobre 2015 è intervenuto sulla legittimità o meno, alla stregua del principio comunitario della liberalizzazione delle attività economiche, di un provvedimento di Roma Capitale che ha negato il rilascio di una licenza per un bar nel centro storico, per conservare il tessuto urbano caratterizzato dalle sue attività tradizionali, confermando la sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II ter, n. 6122 del 2014, e la legittimità:

•della delibera del Consiglio comunale di Roma Capitale n. 36/2006, la quale, al fine di salvaguardare i caratteri tradizionali del centro storico dal rischio di degrado e snaturamento, ha previsto delle limitazioni al rilascio delle licenze commerciali.

•del provvedimento che, facendo riferimento a detta delibera, ha rigettato la richiesta di autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande in locali siti nel centro storico di Roma, anche se non espressamente nelle vie indicate dalla citata delibera n. 36.

Tuttavia, con riferimento alle zone comunali soggette a tutela, lo schema di D.Lgs. all’articolo 1, comma 3, prevede comunque una norma a tutela dell’ambiente, del patrimonio storico artistico e paesaggistico, di portata piuttosto ampia.

In particolare, consente al comune, d’intesa con la regione, sentito il soprintendente, di adottare deliberazioni volte a individuare zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l’esercizio di una o più attività di cui al decreto in commento, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

Quanto sopra viene disposto per le finalità indicate dall’articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004), il quale già prevede per il solo commercio che i comuni, sentito il soprintendente, individuino le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio dell’attività (comma 1).

Per le osservazioni sull’articolo 1, comma 3, si rinvia alla relativa scheda di lettura.

Infine, il comma 3 dell’articolo 5 abroga l’articolo 126 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. n. 773/1931) il quale contiene il divieto di esercitare il commercio di cose antiche o usate senza averne fatta dichiarazione preventiva all’autorità locale di pubblica sicurezza.

Con riferimento al complesso del dispositivo dell’articolo, il Consiglio di Stato, nel citato parere, rileva che le novelle da esso apportate trovano trasposizione nella Tabella A allegata allo schema; purtuttavia, l’intervento in questa materia appare piuttosto limitato, essendovi margini ulteriori di semplificazione per il settore del commercio. Ciò nondimeno, “appare ragionevole che l’applicabilità della SCIA resti esclusa per taluni procedimenti per i quali siano previsti specifici strumenti di programmazione settoriale, come l’esercizio dell’attività di commercio nelle medie e grandi strutture di vendita e dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande”.

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