Il fatto
Un privato presentava al competente ufficio del comune una SCIA per nuova attività per pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande. Successivamente, sostituiva la suddetta SCIA con nuova. In entrambe veniva dichiarato il possesso dei requisiti morali previsti dall’art. 71 del d.lgs. 59/2010, nonché di essere esente da qualsiasi causa ostativa prevista dagli artt. 11, 12, e 92 del t.u.lp.s.
Il Comune richiedeva alla Procura della Repubblica presso il Tribunale la certificazione del Casellario giudiziale dalla quale risultava che il privato aveva riportato una condanna per esercizio di giochi d’azzardo in concorso.
L’Ufficio comunale, a seguito di dette risultanze, avviava il procedimento finalizzato alla emissione di un provvedimento di divieto di prosecuzione della attività di somministrazione di alimenti e bevande segnalato con le suddette SCIA, revocando la SCIA e, di conseguenza, vietava la prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande segnalate.
Avverso questo provvedimento il privato faceva ricorso al TAR competente chiedendone l’annullamento.
La decisione del TAR
Il TAR respinge il ricorso.
Preliminarmente i giudici espongono differenze tra due istituti:
- la sospensione condizionale della pena, disciplinata dagli artt. 163-168 del codice penale, secondo i quali nel caso di sentenza di condanna all’arresto o reclusione per un tempo non superiore ai due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di 5 anni (art. 163 c.p.). Se durante il periodo di sospensione il condannato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole ed adempie agli obblighi impostigli il reato è estinto e non ha luogo l’esecuzione delle pene (art. 167 c.p.). L’art. 166, poi, esclude espressamente che la condanna a pena condizionalmente sospesa possa costituire, di per sé sola, motivo ostativo «al rilascio di concessioni, licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa»;
- la sospensione dell’esecuzione della pena, disciplinata dall’art. 656 c.p.p., e la stessa può essere disposta dal Tribunale di Sorveglianza se la pena detentiva non è superiore a 3 anni o 6 anni nei casi di cui agli artt. 90 e 94 del d.P.R. 309/1990, ovvero si stabilisce che “la sospensione della esecuzione rende inapplicabili le misure di sicurezza, le pene accessorie e gli altri effetti esclusivamente penali e non altri che, pertanto, rimangono efficaci”.
A giudizio del TAR, quindi, appare evidente il differente profilo ontologico delle disposizioni concernenti i due istituti, considerato che mentre la sospensione dell’esecuzione della pena si concretizza sostanzialmente nel mero differimento della sua esecuzione, nel caso invece della sospensione condizionale della pena l’art. 167 c.p. prevede addirittura la completa estinzione del reato, seppur condizionata alla sussistenza di determinati presupposti.
Pertanto, solo all’istituto della sospensione condizionale della pena l’effetto di rendere inoperante il divieto di rilascio di autorizzazioni commerciali in favore di chi si è reso responsabile di determinati reati (art. 71, comma 4, d.lgs. 59/2010 e art. 166 c.p.), tale statuizione non può essere estesa all’istituto della sospensione dell’esecuzione.
In conclusione, per i motivi predetti il ricorso deve essere respinto.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento