Lo ha stabilito la Quarta Sezione Penale confermando una sentenza della Corte di Appello di Bolzano che aveva condannato un trentenne della stessa città, colpevole di avere apportato modifiche alla Playstation, per violazione del diritto d’autore.
La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha affermato che il sistema normativo doveva essere ricostruito nel senso che la tutela delle misure tecnologiche di protezione (e cioè dei dispositivi apposti sulle opere o sui materiali protetti, alfine di limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti), trovava fondamento nella legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore e che la violazione o l’elusione di tali misure era oggi sanzionata in via generale da una norma che tutela “l’abusiva fruizione delle opere dell’ingegno, tra cui i videogiochi”.
In buona sostanza, chi modifica la Playstation commette reato, dovendo i videogiochi essere considerati a tutti gli effetti come “opere dell’ingegno” e come tali tutelati, anche penalmente, dalla legge sul diritto d’autore.
>> Corte Cassazione, sez. IV penale, 14 gennaio 2009, n. 1243
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