La regione Toscana si adegua al silenzio assenso ed alla SCIA in materia di attività edilizia

6 Ottobre 2011
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La legge Toscana 5.8.2011 n.40 adegua l’ordinamento regionale sul governo del territorio alla manovra contenuta nel decreto legge 13.5.2011 n.70, che ha introdotto il silenzio assenso nella procedura di rilascio del permesso di costruire e chiarito – con una norma di interpretazione autentica – l’applicazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) alla materia edilizia. L’edilizia, secondo l’interpretazione avallata dalla Corte Costituzionale (1), è materia di legislazione concorrente inclusa nel “governo del territorio”, pertanto, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, la potestà legislativa spetta alle regioni, ma la determinazione dei principi fondamentali resta riservata alla legislazione dello Stato. Le innovazioni apportate dal D.L. 70/2011 investono indubbiamente i principi fondamentali della materia edilizia, riscrivendo completamente la disciplina del rilascio del permesso di costruire con la previsione del silenzio assenso, in luogo della precedente regola del silenzio rifiuto e chiarendo la sostituzione della vecchia “DIA normale” (2) edilizia con la SCIA. A seguito di queste modifiche il legislatore regionale toscano ha operato una risistemazione delle norme relative ai titoli amministrativi di legittimazione dell’attività edilizia, cogliendo l’occasione per modificare anche le norme relative alla vigilanza edilizia.

I titoli di legittimazione all’attività edilizia delineati dal nuovo testo degli articoli 77,78 e 79 della legge regionale Toscana 3.1.2005 n. 1, come modificati dalla legge regionale 40/2011, restano due: il permesso di costruire e la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), che sostituisce la vecchia DIA. Il permesso di costruire è riconducibile al genere delle autorizzazioni, con le quali l’autorità si esprime preventivamente riguardo all’esercizio di una determinata attività soggetta a controllo, mentre la SCIA appare come una dichiarazione legittimante, con la quale il privato certifica la sussistenza dei requisiti di legge necessari alla realizzazione di quanto intende effettuare e lo avvia senza la necessità di attendere il controllo dell’amministrazione pubblica.

Il permesso di costruire è previsto per le trasformazioni urbanistiche ed edilizie che incidono sulle risorse essenziali del territorio: aria, acqua, suolo e ecosistemi della fauna e della flora, città e sistemi degli insediamenti, paesaggio e documenti della cultura (art.3 L.1/05).

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) è prevista per una serie di opere ed interventi indicati dall’art. 79 della legge regionale che ricomprendono tutti quegli interventi che già prima erano assoggettati a denuncia di inizio attività. Occorre precisare che la legge regionale pur continuando non citare l’istituto della DIA alternativa al permesso di costruire – introdotta dal D.lgs 301/2002, per le nuove costruzioni specificamente disciplinate e per le ristrutturazioni “pesanti” (3) – differenzia il regime della vigilanza edilizia di questi interventi attuati a seguito di presentazione di SCIA. In tal modo sembra tener conto della loro particolare natura di interventi comportanti una significativa trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio sostanzialmente equivalenti a quelli assoggettati a permesso di costruire. Particolare natura già ben presente al legislatore nazionale che assoggetta alle sanzioni penali previste dell’art. 44 del testo unico gli interventi abusivi riconducibili alla “DIA alternativa” al permesso di costruire. La rivisitazione della disciplina dei titoli di legittimazione ha fornito l’occasione al legislatore regionale per rivedere anche la disciplina sanzionatoria riguardante gli interventi edilizi. Con la L.R. 40/2011 viene modificata la L.R 1/2005 con l’introduzione dell’art. 84 bis, dedicato alla vigilanza sulle SCIA, e rivisita anche la norma dell’art. 129 relativa alla vigilanza sull’attività urbanistica-edilizia.

L’art. 84 bis disciplina i poteri di vigilanza in caso di SCIA, distinguendo, da un lato, gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistiche con disciplina specifica e le ristrutturazioni edilizie, dall’altro, tutti gli altri interventi soggetti a SCIA. Per i primi – per lo più riconducibili alle ipotesi di DIA alternativa della legislazione statale – è previsto che il decorso del termine di 30 giorni per ordinare il divieto di prosecuzione degli interventi avviati con SCIA non precluda la potestà di controllo, anche a campione, del comune nell’ambito dell’attività di vigilanza. In sostanza, pur estendendo il regime della SCIA vengono lasciati fermi i poteri di inibitori dell’autorità comunale sull’esecuzione di interventi edilizi che nella legislazione statale restano, sia pur alternativamente, soggetti al regime del permesso. Per i secondi (4), per lo più riconducibili alle vecchie ipotesi di “DIA normale”, una volta decorso il termine di trenta giorni per esercitare il divieto di prosecuzione, possono essere adottati provvedimenti inibitori e sanzionatori solo qualora ricorra uno dei seguenti casi:

a) falsità o mendacia delle asseverazioni, certificazioni, dichiarazioni sostitutive di certificazioni o degli atti di notorietà allegati alla SCIA medesima;
b) difformità dell’intervento dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti edilizi;
c) dall’esecuzione dell’intervento consegua pericolo di danno per il patrimonio storico-artistico, culturale e paesaggistico, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

Inoltre, in questi casi, l’adozione dei provvedimenti inibitori e sanzionatori è anche subordinata al previo accertamento, da parte del comune, dell’impossibilità di tutelare l’interesse pubblico protetto mediante conformazione dell’intervento segnalato alla normativa vigente. Invero, qualora sia possibile la conformazione il comune è tenuto ad individuare le opere e le modalità esecutive necessarie per conformare agli strumenti comunali ed al vigente regolamento edilizio l’intervento segnalato e ne ordina all’interessato l’esecuzione entro un termine perentorio, comunque, non inferiore a trenta giorni. Solo in caso di inottemperanza all’ordine di conformazione il comune può ordinare la rimozione delle opere eseguite.

L’art. 129 sulla vigilanza urbanistico edilizia viene riscritto dalla L.R. 40/2011, ma nella sostanza riceve solo dei piccoli ritocchi. In primo luogo il legislatore regionale si adegua alle modifiche che D.L. 269/2003 all’art. 27 del DPR 380/2001 relativamente all’estensione della sanzione della demolizione obbligatoria. Nello specifico viene esteso l’obbligo di demolizione e del ripristino dello stato dei luoghi a tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti edilizi. Inoltre, viene chiarito – casomai ce ne fosse stato bisogno – che la vigilanza è esercitata nel rispetto della normativa sia statale che regionale, al fine di assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli atti di pianificazione e del regolamento edilizio ed alle modalità esecutive contenute nel permesso di costruire o nella SCIA.

La nuova norma si preoccupa di precisare che la demolizione ed il ripristino si applicano anche quando il comune accerta l’inizio o l’esecuzione di uno degli interventi dell’attività edilizia libera in una delle aree soggette ai vincoli di inedificabilità o destinate ad opere o spazi pubblici o in assenza dei presupposti per l’attività libera, ossia il rispetto delle prescrizioni urbanistiche, delle normative di settore, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio ed igenico sanitarie.

Interessante è, infine, la modifica della disposizione sull’immediata comunicazione per i casi di sospetto abuso edilizio. Il testo precedente, riprendendo l’espressione utilizzata dal legislatore statale, prevedeva tale obbligo solo in capo agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, mentre il nuovo testo dell’art. 129 della legge lo riferisce ad ogni “autorità competente”. Ogni “autorità competente” è tenuta all’immediata comunicazione della presunta violazione urbanistico-edilizia all’autorità giudiziaria, alla provincia e al comune. Sembra che il nuovo testo intenda estendere il novero dei soggetti tenuti alla comunicazione anche oltre gli organi che rivestono la qualità di polizia giudiziaria. Restano tuttavia immutate le tre ipotesi che fanno scattare l’obbligo:

la mancata esibizione del titolo abilitativo – o la sua riproduzione in conformità a quanto previsto dall’articolo 6 del D.P.R. 445/2000 – nei luoghi ove si eseguono le opere; la mancata apposizione del prescritto cartello;
tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia.
Resta immutato anche il termine di trenta giorni dalla suddetta comunicazione entro il quale l’ufficio comunale competente è tenuto a verificare la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti.

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(1) Corte Costituzionale 10-19/12/2003 n.362, respingendo la tesi avanzata dalla Regione Toscana – ricorrente – che sosteneva l’attribuzione alla competenza legislativa esclusiva residuale.
(2) L’espressione “DIA normale” edilizia viene usata per distinguerla dalla “DIA super” o “alternativa” al permesso di costruire, introdotta nel testo unico statale del 2001 con la novella del D.lgs 301/2002.
(3) Sono quelle che incidono sui parametri edilizi (aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti e delle superfici e, limitatamente alle zone omogenee A, i mutamenti di destinazione d’uso).
(4) Corrispondono ai casi di reinterro e scavo, demolizioni, occupazioni suolo, altre trasformazioni non soggette a permesso, superamento barriere architettoniche, manutenzioni straordinaria, restauro e risanamento, interventi pertinenziali.

di F. Zampaoli  (Polnews 4/10/2011)

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